Armani chiude in positivo i primi sei mesi dell’anno e guarda con ottimismo al post-Covid. Il 2021 è al giro di boa, e il gruppo milanese è in corsa per la ripresa dopo l’annus horribilis della pandemia: il semestre è terminato lo scorso 30 giugno a quota +34% su base annua, incremento sostenuto soprattutto dalla ripresa dei volumi di vendita in Cina e negli Stati Uniti già dall’inizio dell’anno e più recentemente anche in Europa.
Un risultato che promette di far riavvicinare la maison ai livelli pre-Covid, come aveva anticipato il designer in occasione dell’incontro a Parigi con il presidente Mattarella.
“La ripresa di questi primi mesi del 2021 – ha commentato il presidente e CEO Giorgio Armani – con risultati già vicini al 2019 nonostante la pandemia non sia ancora risolta, insieme alla resilienza mostrata dal gruppo Armani nell’affrontare il momento più difficile del periodo pandemico nel 2020, mi rende particolarmente ottimista e determinato nel proseguire il mio percorso strategico di medio lungo termine, caratterizzato, come sempre, da una grande attenzione alla qualità restando fedele alla mia filosofia estetica. L’obiettivo è di tornare entro il 2022 ai livelli precedenti alla pandemia, con oltre 4 miliardi di euro di fatturato indotto e oltre 2 miliardi di euro di fatturato diretto”.
Nel corso del 2020, il gruppo ha registrato un drastico calo del fatturato complessivo, attestatosi a 3,3 miliardi di euro (valore comprensivo delle licenze), in flessione del 21% rispetto al 2019. I ricavi consolidati del gruppo, invece, sono stati pari a 1,6 miliardi di euro, con un calo del 25% rispetto all’esercizio 2019, in linea con le sorti dell’intero comparto moda.
Il decremento si è fortemente concentrato nel primo semestre del 2020, minato dalle misure di contenimento dell’emergenza sanitaria in tutta Europa, mentre nella seconda metà, spiega la nota che accompagna i risultati, i ricavi netti consolidati evidenziano un trend di ripresa, nonostante le nuove ondate di contagi e restrizioni che hanno interessato l’ultimo trimestre dell’anno. Completano il quadro, un ebitda positivo pari a 263 milioni di euro e un ebit negativo pari a 29 milioni.
Dopo il contributo delle componenti finanziarie e tributarie, il risultato netto consolidato è stato positivo per 90 milioni, rispetto ai 124 milioni del 2019. Rimane inoltre solida la posizione finanziaria del gruppo, con disponibilità liquide nette pari a 925 milioni di euro al 31 dicembre 2020, in calo del 24% rispetto al livello del 31 dicembre 2019. Il patrimonio netto consolidato a fine 2020 ammonta invece a 2.010 milioni di euro, sostanzialmente allineato ai valori di fine 2019 (2.025 milioni di euro).
Una fotografia, quella del 2020, che il gruppo legge non solo come inevitabile conseguenza delle ripercussioni della pandemia, ma come espressione di una strategia minimalista: “La flessione dei ricavi nel 2020 è da leggere non solo come una conseguenza della pandemia e della crisi del traffico e dei consumi, particolarmente penalizzante per il settore dell’abbigliamento, ma anche in coerenza con lo stesso principio strategico del ‘less is more’ di Giorgio Armani”, ha spiegato Giuseppe Marsocci, vicedirettore generale commerciale del gruppo Armani. “La scelta del gruppo è stata infatti quella di contenere l’offerta delle nuove collezioni, in considerazione del momento storico, con un merchandising nei negozi allineato alle stagioni climatiche e con attenzione alle esigenze reali dei clienti finali. Il tutto nel rispetto dei valori della sostenibilità, oggi importanti più che mai”.
Solo pochi giorni fa, infatti, Armani ha divulgato gli obiettivi green per il prossimo futuro, approvati dalla Science Based Targets initiative (Sbti): dimezzare le emissioni di gas serra entro il 2030 (rispetto al 2019) e ridurre del 42% le emissioni derivanti dall’acquisto di beni e servizi e dal trasporto e distribuzione a valle entro il 2029.