Tasse su sprechi. Londra alza il tiro sulla moda

Le aziende inglesi della moda che producono capi eco-friendly potrebbero presto ricevere degli incentivi fiscali. Al contrario, le insegne meno impegnate in termini di sostenibilità potrebbero dover pagare un penny in più per ogni capo prodotto, se la supply chain non dovesse rispondere a standard precisi. È questa la prima proposta d’azione del Parlamento inglese, che nelle scorse settimane ha bocciato l’industria dell’abbigliamento del Paese, definendola “sfruttatrice” e “non sostenibile” e invitando i brand darsi da fare per tutelare i lavoratori e limitare gli sprechi.
A motivare il monito di Westminster al settore moda è stato un sondaggio che, negli scorsi mesi, ha messo alle strette retailer e produttori di abbigliamento. L’inchiesta ha raggiunto le 16 realtà più importanti della moda inglese, settore che, secondo Reuters, oggi vale 32 miliardi di sterline (36,5 miliardi di euro). Nel mirino, problematiche legate agli sprechi, all’inquinamento e all’impatto ambientale, a eventuali livelli di retribuzione troppo bassi, all’induzione a un consumo eccessivo da parte dei clienti. L’Environmental Audit Committee del Parlamento inglese ha interrogato i rivenditori sull’uso di cotone organico o sostenibile, sulla limitazione degli scarichi di sostanze chimiche pericolose e il riutilizzo degli scarti di produzione.
Tra le aziende “meno impegnate” in termini di sostenibilità ci sono JD Sports, Sports Direct, TK Maxx, Amazon UK e gli e-tailer Boohoo e Missguided. All’opposto, tra i brand protagonisti dei maggiori sforzi in positivo figurano Asos, Marks & Spencer, Tesco, Primark e Burberry.
Con un nuovo report pubblicato nelle scorse ore, l’Environmental Audit Committee ha appunto invitato il governo a creare incentivi finanziari per i marchi impegnati a ridurre il loro impatto ambientale, richiedendo invece iniziative più severe per i marchi che dimostrino di non avere un controllo completo sulle loro catene di approvvigionamento e di produrre in quantità eccessive.
“Il termine ‘fast fashion’ significa che consumiamo troppi vestiti e ne ricicliamo troppo pochi – ha commentato Mary Creagh, membro del parlamento inglese e chair dell’Environmental Audit Committee -. I retailer della moda devono assumersi le responsabilità di quello che producono”. Il pagamento di un penny per capo prodotto servirà a finanziare una migliore raccolta dei capi pronti per essere riciclati.