Il contesto macro cinese si è “ulteriormente deteriorato in estate e ora c’è una chiara visione del fatto che la debolezza cinese è strutturale e non solo ciclica”. Lo sostiene Barclays in un recente report sul lusso europeo che fa il punto sulla situazione delle attuali dinamiche di acquisto di prodotti di lusso in Cina continentale e Hong Kong. Per gli analisti, che hanno trascorso due settimane nel Paese visitando marchi, centri commerciali di lusso, rivenditori, investitori e altri esperti del settore, le vendite di luglio e agosto di alto di gamma nella parte continentale dell’ex Celeste Impero sono letteralmente crollate, con flessioni che vanno dal 10% fino ad arrivare al 50 per cento. A questo si sono aggiunti clienti sempre più selettivi verso marchi con livelli ancora più elevati di desiderabilità o esclusività, il che sta rendendo difficile il recupero delle posizioni di due dei brand nell’occhio del ciclone per la loro esposizione in Cina, Burberry e Kering. Per questo motivo, Barclays ha declassato i due titoli da Equal Weight a Underweight e ha tagliato le attese anche per Lvmh. Inoltre, come si legge nel report, il recupero del mercato del lusso in Cina “richiederà tempo e il 2025 ulteriormente negativo per alcuni player, mentre per altri auspichiamo un andamento ‘flat’ nella migliore delle ipotesi. Nel complesso – aggiunge Barclays – ora si aspetta che il settore dei beni di lusso cresca di circa il 4% (rispetto al 7% precedente) nel 2025”.
Secondo le due analiste Carole Madjo e Wendy Liu, “molti dei fattori di crescita che hanno spinto i cinesi a entrare nel mercato del lusso (boom della finanza e immobiliare, elevata crescita del pil) sono ora sotto pressione e la trasformazione dell’economia cinese potrebbe dare meno impulso alla domanda di beni luxury. La torta del lusso ora sta crescendo a malapena, quindi la crescita potrebbe essere più debole per un periodo più lungo”.
Si pone in quest’ottica, dunque, la scelta di declassare Burberry, “sebbene le azioni siano già scese del 57% da inizio anno”, ricorda la nota. “Il problema principale – spiegano le analiste – è il fatto che il marchio mette il suo posizionamento di lusso a rischio a causa di promozioni ed elevata esposizione nel canale outlet, il che potrebbe avere un impatto duraturo sul valore del marchio. Oltre a ciò, Burberry sembra destinato a diventare un marchio ‘loss making’ nel primo semestre 2025 e riteniamo che l’arrivo di un nuovo CEO porti più domande che risposte”. Il downgrade ha avuto ripercussioni sul titolo in Borsa a Londra: le azioni sono crollate fino all’8%, raggiungendo il livello più basso dal 2009.
Barclays si conferma scettico anche nei confronti di Gucci. “Il suo recupero potrebbe essere ulteriormente ritardato”. “Durante il nostro viaggio – affermano Carole Madjo e Wendy Liu – abbiamo appreso che Gucci continua a subire un forte calo delle vendite in Cina, più dei concorrenti, e il feedback da parte degli esperti del settore è piuttosto pessimista riguardo al potenziale impatto della nuova offerta di Gucci. Alla luce di ciò, poiché il contesto macroeconomico cinese sembra destinato a peggiorare ulteriormente, riteniamo che la ripresa di Gucci possa subire ritardi e non ci aspettiamo che gli altri marchi (Saint Laurent, Bottega Veneta, Balanciaga) possono compensare significativamente la debolezza di Gucci”.
Il report prosegue spiegando che uno dei problemi attuali di Gucci è il posizionamento. “ll marchio non è abbastanza esclusivo e al contempo non abbastanza conveniente”, commentano le analiste. Come per Burberry, uno dei talloni d’Achille è anche la forte esposizione nel canale outlet, un elemento che danneggia l’immagine del brand. “Nonostante il traffico limitato nei negozi Gucci, abbiamo rilevato un passaggio intenso quando abbiamo visitato un outlet Gucci vicino a Shanghai”, il che ha colpito le analiste perché più intenso rispetto agli “altri outlet di altri marchi come Prada o Burberry. L’elevato traffico visibile nei punti vendita dimostra che l’appeal del marchio Gucci non è scemato, ma il problema è che il marchio non è associato al concetto di esclusività. Apprezziamo che il gruppo stia ora lavorando per risolvere questo problema e abbia chiuso due punti vendita nel primo semestre del 2024, ma naturalmente ci vorrà del tempo per cambiare l’immagine del marchio”, concludono.
Ieri il titolo di Kering è sceso fino al 4,3%, il calo più forte in circa sette settimane. Da inizio anno le azioni del colosso francese hanno perso il 42% del loro valore sulla piazza parigina e sono ai minimi dal 2017.