Shein, il gigante cinese dell’ultra fast-fashion, ha lanciato questo lunedì la sua prima piattaforma di resale negli Stati Uniti, offrendo ai clienti la possibilità di acquistare e rivendere i loro vecchi capi direttamente attraverso la sua app.
Una strategia, come sottolineato da Business of Fashion in un’analisi condotta nel mese di maggio, arrivata molto in ritardo rispetto ai numerosi player del settore fashion, circa 100 marchi e rivenditori, tra luxury e low cost, da Balenciaga a H&M, hanno lanciato i propri canali di rivendita già a partire dal 2020, sottolineando uno scenario che, in questo caso, fa del tempismo il suo punto di forza in termini di credibilità.
Nella sua ‘fase pilota’ il servizio di rivendita sarà disponibile solo negli Stati Uniti con in previsione, per il prossimo anno, piani di espansione in altri mercati. Tramite la piattaforma, secondo quanto riportato da BoF, Shein non si aspetta al momento di fare alcun profitto. Quest’ultima sarebbe invece il suo contributo, come parte di uno sforzo collettivo, per affrontare la notevole quantità di rifiuti generati dal settore dell’abbigliamento.
La rincorsa di Shein potrebbe evidenziare la volontà del brand di guadagnare consensi in campo eco-firendly, visto che in passato non è stato estraneo al fenomeno del greenwashing. lo scorso giugno aveva infatti comunicato la decisione di stanziare cinquanta milioni di dollari (circa 47 milioni di euro) per l’avanzamento nella progettazione e implementazione di strategie legate all’economia circolare. Una mossa controversa, che aveva subito attirato perplessità e critiche tra i consumatori per la sua incongruenza con il suo modello di ‘business veloce’ a basso costo, soprattutto se si pensa che solo lo scorso aprile la valutazione dell’azienda ammontava a circa 100 miliardi di dollari (90 miliardi di euro).