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Da Venezia appello per un’industria della moda sostenibile

La conferenza stampa di Venice Sustainable Fashion Forum 2022

Da Venezia appello per un’industria della moda sostenibile

Di Redazione
16 Settembre 2022

L’industria italiana della moda si dà appuntamento a Venezia, il 27 e 28 ottobre, per il primo summit internazionale dedicato alla transizione sostenibile del settore. Venice Sustainable Fashion Forum 2022, questo il titolo dell’evento, si terrà presso la Fondazione Giorgio Cini, sull’Isola di San Giorgio, e si articolerà in due giorni: la giornata del 27 ottobre dal titolo ‘Just Fashion Transition’, realizzata da Confindustria Venezia Area Metropolitana di Venezia e Rovigo e The European House – Ambrosetti, con il patrocinio di Assocalzaturifici, e la giornata del 28 ottobre dal titolo ‘The Values of Fashion’, realizzata da Camera Nazionale della Moda Italiana (Cnmi) e Sistema Moda Italia.

Un programma per comprendere, attraverso dibattiti, analisi di trend, comportamenti di mercato e best practice, presente e futuro di un comparto chiave dell’economia italiana che, con un fatturato di circa 100 miliardi, oltre 500mila addetti e più di 60mila aziende, soffre però di carenza di dati e di strumenti di misurazione standardizzati. Secondo le rilevazioni effettuate da The European House – Ambrosetti, infatti, le stime sulle emissioni di carbonio del settore moda registrano uno scostamento fino al 310% tra le diverse fonti interpellate; similmente, le stime sui prelievi annuali di acqua dolce da parte delle imprese evidenziano variazioni fino al 172% l’una dall’altra e fino al 429% rispetto ai dati sull’utilizzo di acqua per la produzione di jeans.

A fronte però di questo scenario di incongruenza delle rilevazioni, emerge l’obbligo per circa mille aziende europee dei settori fashion e lusso di rendere pubbliche annualmente le loro performance quantitative di sostenibilità a partire dall’anno fiscale 2023 o, al più tardi, dal 2024, secondo gli standard introdotti dalle nuove direttive europee. L’Italia, in particolare, è prima in Europa per numero di imprese interessate da questa scadenza, quasi 300, seguita dalla Francia con più di 130 e dalla Germania con 110, mentre tutti gli altri Paesi dell’area Ue presentano una media di circa 25 aziende interessate. Numeri che certificano come la transizione sostenibile sia una questione strategica per l’industria nazionale della moda.

A questo proposito, ha esordito Vincenzo Marinese, presidente di Confindustria Venezia, in occasione della conferenza stampa che si è svolta ieri, “il nostro desiderio è rendere Venice Sustainable Fashion Forum un appuntamento annuale, un punto di riferimento per il dibattito scientifico mondiale nell’ambito della moda, della calzatura, del lusso e del turismo di alta gamma”.

Dal canto suo, Camera Nazionale della Moda Italiana, ha dichiarato il presidente dell’associazione Carlo Capasa, durante la seconda giornata di lavori “metterà a disposizione dell’industria l’expertise derivata da più di dieci anni di lavoro sull’implementazione di pratiche sostenibili adottate dagli associati, oltre ai protocolli, linee guide e tavoli di lavoro, sviluppati insieme a realtà internazionali come la Ethical Fashion Initiative delle Nazioni Unite e la Ellen MacArthur Foundation“.

“La transizione sostenibile intrapresa dal sistema moda in questi anni si inquadra in un nuovo scenario che, aggravato dal conflitto Russo-Ucraino, rilancia il dibattito sul tema dell’indipendenza energetica del Paese”, ha commentato a sua volta Sergio Tamborini, presidente di Sistema Moda Italia. “Se le azioni avviate dalle aziende riguardano, a oggi, soprattutto la riduzione dei consumi, la filiera del tessile e della moda non può tuttavia rinunciare a trovare, a livello istituzionale e produttivo, una cornice condivisa sui metodi di lavoro: mi riferisco ai temi della misurabilità dei risultati, della responsabilità estesa del produttore e dell’ecodesign”.

Questa transizione ecologica, tuttavia, presenta alcuni fattori di complessità, evidenziati da Flavio Sciuccati, senior partner di The European House – Ambrosetti: “la forte segmentazione, che ha nel segmento lusso la sua espressione più alta e nobile ma che invece è caratterizzata in termini di consumi e volumi anche da molti operatori nei segmenti più bassi del ‘mass market’ e del cosiddetto ‘fast fashion’ da cui non si può prescindere; la brevità del ciclo di vita dei prodotti e l’incessante rinnovamento delle collezioni che obbligano a scelte più responsabili e consapevoli; da ultimo, la scellerata ‘globalizzazione’, la ricerca ossessiva del ‘low cost’ e l’abdicazione da parte dell’Occidente dei processi di trasformazione a vantaggio delle fabbriche di Cina e Sud-Est Asiatico, scelte che hanno portato alla delocalizzazione di massa e alla frammentazione esasperata delle supply chain di tutti i prodotti in condizioni molto spesso ‘non sostenibili'”. Per i motivi elencati, Ambrosetti, in apertura dei lavori del forum, presenterà uno studio sullo stato di tutte le filiere industriali principali del settore.

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