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Distribuzione selettiva, l’Ue adegua le norme anche al web

PH: Laura Chouette per Unsplash

Distribuzione selettiva, l’Ue adegua le norme anche al web

Di Giulia Sciola
13 Giugno 2022

Quali sono gli aspetti che alimentano il valore di un marchio di lusso? Non solo le caratteristiche materiali, ma anche, ovviamente, la rete distributiva, le modalità di commercializzazione, dai servizi di pre e post-vendita, l’immagine delle boutique e la loro localizzazione. Da tempo, lo strumento più utilizzato dalle maison per esercitare il controllo della rete distributiva e degli standard di qualità della rivendita dei prodotti è la distribuzione selettiva.

La definizione di distribuzione selettiva si legge nel Regolamento Ue 330/2010 sugli accordi verticali: si tratta di un sistema di distribuzione nel quale il fornitore si impegna a vendere i beni o servizi oggetto del contratto, direttamente o indirettamente, solo a distributori selezionati sulle base di criteri specificati e nel quale questi distributori si impegnano a non vendere tali beni o servizi a rivenditori non autorizzati nel territorio che il fornitore ha riservato a tale sistema. Nell’assecondare tale priorità, i brand devono però tenere conto dei limiti imposti loro dal diritto antitrust, ai sensi del quale sono vietati gli accordi tra produttori e distributori che restringono la concorrenza sul mercato. Il Regolamento Ue e le relative Linee Guida interpretative della Commissione europea hanno costituito per oltre un decennio il riferimento normativo per aiutare gli operatori di mercato a valutare la liceità concorrenziale di tali accordi verticali. La creazione di network distributivi “chiusi”, ai quali possono accedere solo rivenditori selezionati che rispettano specifici criteri di rivendita, contrasterebbe maggiormente l’approdo dei prodotti sul mercato parallelo.

Di recente, la Commissione ha pubblicato una versione aggiornata di tale disciplina (i.e. il Regolamento n. 2022/720 e le relative Linee Guida, congiuntamente, “Nuovo VBER”), al fine di adeguarla agli sviluppi tecnologici dei mercati negli ultimi anni: su tutti, il grande successo dell’e-commerce. Ad entrare nel vivo delle principali novità, quali quelle in materia di restrizioni alle vendite online, sistemi distributivi selettivi ed esclusivi e scambi di informazioni nel contesto della dual distribution, è l’avvocato Francesco Anglani, partner dello studio BonelliErede.

Il prossimo 1° giugno entrerà in vigore il nuovo VBER. Che cos’è? Perché è così importante per le imprese del lusso?

Con il nuovo VBER (Reg. 2022/720) la Commissione europea aggiorna la disciplina antitrust rilevante per la valutazione degli accordi “verticali”, cioè quelli conclusi tra brand e distributori. In particolare, tale Regolamento guida le imprese nell’organizzazione dei propri network distributivi, definendo le restrizioni che possono essere legittimamente imposte. Si tratta quindi di un riferimento normativo imprescindibile per le maison di alta moda, che – in caso di illeciti antitrust – rischiano ingenti sanzioni, oltre a non trascurabili danni reputazionali.

Il nuovo VBER ha l’obiettivo di aggiornare la disciplina antitrust agli sviluppi tecnologici che hanno interessato i mercati negli ultimi decenni, in primis l’e-commerce. Quali sono le difficoltà ad esso connesse e cosa prevede la riforma in tema di vendite online?

Negli ultimi anni, anche a causa della pandemia, le maison di alta moda sembrano aver abbandonato l’iniziale diffidenza nei confronti dell’e-commerce apprezzandone i progressi in termini di valorizzazione del brand e qualità della customer experience. Anche in ragione dei suoi volumi sempre crescenti, l’online rappresenta quindi un canale di vendita cui oggi si può difficilmente rinunciare, ma che al tempo stesso può mettere a repentaglio la tutela del brand e degli investimenti che, specialmente nel mondo del lusso, si rendono necessari per garantire un’ottimale gestione dei processi distributivi. Il nuovo VBER conferma la presunzione d’illiceità delle misure volte a impedire le vendite online, ma viene incontro alle esigenze di tutela manifestate dalle imprese. Infatti, concede ai brand, da un lato, di prevedere criteri qualitativi per l’e-commerce non necessariamente equivalenti a quelli per le vendite nei negozi fisici (e.g. l’adozione di sistemi di pagamento più sicuri o di più efficaci servizi di help desk) e, dall’altro, di imporre specifiche limitazioni (come i marketplace ban) anche nei sistemi distributivi esclusivi o aperti. Al fine di contrastare il free-riding, inoltre, è ora ammesso il dual pricing (l’applicazione cioè di prezzi all’ingrosso diversi a seconda che i prodotti siano destinati a essere venduti su internet o offline).

Novità importanti sembrano essere state introdotte anche in materia di dual distribution. Quali sono le possibili criticità in questi casi?

Quando un brand distribuisce i suoi prodotti in via diretta e tramite retailer terzi (dual distribution), il primo non è solo un fornitore di quest’ultimi, ma anche un loro concorrente. In tale ambito, lo scambio di informazioni sensibili non necessarie può quindi alterare la concorrenza a livello retail. Il Nuovo VBER fornisce dunque alcuni esempi di informazioni il cui scambio si presume illecito in una prospettiva antitrust (black list), imponendo così ai brand in dual distribution d’intraprendere un’attenta verifica delle informazioni scambiate con i distributori indipendenti e, eventualmente, di adottare opportuni accorgimenti.

Nel corso del processo di aggiornamento, la Commissione europea ha rilevato la sempre maggiore diffusione dei sistemi di distribuzione selettiva. Di cosa si tratta e perché risultano così vantaggiosi per le imprese del lusso?

La selettiva è un sistema distributivo (alternativo all’esclusiva e alla distribuzione aperta) che consente ai brand di istituire un network “chiuso”, al quale sono ammessi i soli rivenditori che soddisfano determinati criteri qualitativi e, in alcuni casi, quantitativi. I retailer autorizzati sono liberi di vendere i prodotti solo ai consumatori finali e agli altri distributori selezionati, ma non a rivenditori terzi. La distribuzione selettiva è quindi lo strumento migliore a disposizione dei brand di lusso per tutelarsi dalle vendite parallele. I miei clienti, inoltre, optano quasi sempre per la selettiva perché consente loro di scegliere solo i retailer in grado di valorizzare adeguatamente i prodotti e di offrire una customer experience in linea con gli standard del settore.

Quali sono le novità introdotte dal nuovo VBER nella regolazione dei sistemi distributivi? Quali sono a suo avviso le prospettive?

I numerosi benefici legati ai sistemi distributivi selettivi ed esclusivi hanno portato la Commissione a riconoscere loro più ampi spazi di tutela e maggiore flessibilità. In particolare, si segnala che è ora possibile concedere un territorio (o gruppo di clienti) in esclusiva anche a più di un distributore, fino a un massimo di cinque (shared exclusivity). Si tratta di una novità a mio avviso di non poco conto che, assieme alla possibilità di prevedere criteri qualitativi e di vietare le vendite sui marketplace anche in esclusiva, potrebbe aumentare significativamente l’appeal di questo modello distributivo che, insieme alla selettiva, si candida ad avere sempre maggior successo.

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