C’è la Borsa tra gli obiettivi del gruppo Florence, la piattaforma industriale che punta a supportare i principali brand della moda e del lusso. Lo ha spiegato il CEO Attila Kiss al 26° Pambianco-PwC Fashion Summit. L’aggregazione di imprese familiari comprende Giuntini, Ciemmeci Fashion, Mely’s, Manifatture Cesari, Emmegi, Antica Valserchio e Metaphor. Nel breve, le aziende diventeranno 12 (con scarpe e pelletteria), per un fatturato totale di 170 milioni.
Florence è un progetto nuovo nel suo genere perché da sempre l’Italia è terra di produzione, ma fino a poco tempo fa nessuno aveva pensato di aggregare realtà produttive. Come è nata, perciò, l’idea?
Siamo partiti dalla considerazione che il 70% della produzione del lusso avviene in Italia, perché qui troviamo dalle materie prime fino alla realizzazione del prodotto finito e tutte le tecniche di produzione, dalla maglieria alla pelle e al tessuto. Tutto questo, però, è nelle mani di pochissime aziende familiari. I clienti di queste aziende sono dei grandissimi gruppi. Il progetto Florence nasce proprio dalla volontà di alcuni fornitori che hanno voluto mettersi insieme. Sono tutte società sane, che avrebbero potuto anche andare avanti da sole. Le sfide che però le griffe stavano portando avanti stavano diventando sempre più impegnative. Hanno capito la necessità di strutturarsi e diventare sempre più manageriali e di qui l’esigenza di aggregarsi. Abbiamo avuto la fortuna di trovare anche gli investitori giusti. La peculiarità è che si tratta di un progetto nato dal basso, dalla volontà di imprenditori che volevano lavorare assieme, e si è trovata la giusta collaborazione con gli investitori, ovvero Francesco Trapani con il fondo Vam che conosce bene il mondo del lusso, il Fondo Italiano di investimento che ha nella sua mission far unire le piccole eccellenze italiane, e Italmobiliare con la sua visione lungimirante e che investe con un lungo termine.
Da dove viene il nome Florence?
Florence rappresenta il Rinascimento, la culla della manifattura in Italia. Non è un caso che nel gruppo entrino aziende da tutt’Italia, ma che il baricentro resti toscano.
Quante sono le aziende presenti nel vostro gruppo?
Stiamo concludendo alcuni accordi e arriveremo a breve a quota 12 con un fatturato totale che supererà i 170 milioni di euro.
Quali sono a vostro avviso le competenze che un produttore deve avere per mantenere la sua posizione sul mercato?
Le sfide sono sempre più sofisticate. I brand della moda sono impegnati in strategie che mirano ad abbassare l’impatto ambientale. Una buona fetta di questo impatto deriva dalla filiera, ma bisogna trovare dei partner nella filiera con cui realizzare questi progetti strategici. Questo è uno dei temi caldi: i brand chiedono sostenibilità, ma le piccole aziende fanno fatica a rispondere adeguatamente e in modo strutturato. La dimensione ci permette di poter investire sulla sostenibilità o sulla formazione che è un altro elemento chiave.
La tendenza all’aggregazione delle aziende sotto un’unica struttura ha fatto alzare a vostro avviso le valutazioni e i prezzi delle piccole realtà dei fornitori?
È possibile un impatto del genere, ma è un bene. I grandi brand hanno bisogno che la loro filiera si strutturi.
Qual è il vostro obiettivo nel medio termine?
La peculiarità del nostro gruppo è che da noi gli imprenditori diventano soci della holding. Non rimangono dentro la società d’origine, ma salgono di livello. Tutte le aziende sono controllate al 100% dalla holding, ma mantengono l’impronta familiare che è l’elemento vincente di queste realtà. Questa doppia identità, familiare e di gruppo, ci porta a un comune interesse e riusciamo in questo modo a creare delle sinergie. Ci consente anche di arrivare a una dimensione maggiore perché la partecipazione degli imprenditori non rimane frammentata. Chiaramente ci sarà un limite perché la complessità della gestione sarà tale che non converrà crescere all’infinito, ma possiamo ancora estenderci.
Avete in programma l’ingresso in nuovi settori?
Ci allargheremo alle calzature e alla pelletteria a breve.
Pensate alla Borsa in futuro?
Sì, l’obiettivo è quello di quotarci in Borsa. Gli investitori che ci stanno accompagnando in questo viaggio sicuramente faranno un passo indietro, anche se non è detto che escano del tutto perché sono convinto che ognuno di loro si diverta molto a lavorare con noi.
Parlando di numeri, qual è la redditività prevista quest’anno?
Rimane costante in tutte le aziende. Abbiamo ottenuto delle efficienze e ne stiamo cercando altre e questo controbilancia i costi che si trova ad affrontare il gruppo. L’ebitda delle nostre aziende va dal 10 al 20 per cento.