Da Chiara Ferragni e Rihanna a Cliomakeup fino ai nuovi talenti dei social, la tendenza sembra quella di fondare nuovi business per rafforzare il proprio posizionamento e capitalizzare l’engagement dei follower.
Prima influencer, poi imprenditrici. Il passo dalle luci della ribalta al mondo del business è breve per le star del web, che non si accontentano più di fare da vetrina ai marchi altrui. è vero che i media americani, in merito all’influencer marketing, parlano di una ‘bolla’ pronta a sgonfiarsi da un momento all’altro, ma a guidare la trasformazione di quelli che in origine erano i ‘blogger’ ci sono importanti motivazioni strategiche. E uno scenario che ancora offre praterie da scoprire.
Le più lungimiranti avevano già fiutato il vento precorrendo i tempi. La nostrana Chiara Ferragni ha fondato la sua Collection nel 2010, con una linea di scarpe il cui ormai inconfondibile occhiolino strizzato nel 2013 ha iniziato a campeggiare su una selezione completa di capi e accessori. Prima ancora ci erano arrivate le Kardashian, che già nel lontano 2006, pioniere di un nuovo modo di fare imprenditoria e spettacolo, hanno aperto la prima boutique della loro insegna Dash, dedicata al fashion. E nel 2018 la secondogenita della famiglia, Kim, fonda il brand di shapewear Skims dal valore di 1,6 miliardi di dollari con un parterre di investitori d’eccezione. Nell’olimpo delle celebrity un altro posto d’onore non può che andare a Rihanna, la popstar di fama mondiale la cui popolarità anche sui social media l’ha resa una vera e propria imprenditrice. Nonostante il poco fortunato esperimento della sua label di abbigliamento luxury sotto l’egida di Lvmh, la sua collezione di lingerie Savage x Fenty ha continuato a correre ed è prossima al debutto nel retail per l’inizio del 2022 . Analogo successo per la sua linea beauty, nata nel 2017 e da allora approdata negli store Sephora, con un fatturato che nel 2021 promette di sfiorare i 5 miliardi di dollari. Farsi portavoce dei brand altrui, dunque, non basta più. Così la professione dell’influencer cambia status e acquisisce un nuovo, sempre più preminente profilo imprenditoriale.
UNA MOSSA TRA BUSINESS E AUTORAPPRESENTAZIONE
Se le celebrità sono quelle che hanno guidato il fenomeno, esiste una pletora di influencer che vanta molto meno peso, in termini di follower ed engagement, la quale guarda proprio alle pioniere che sono arrivate per prime. Emblematico l’esempio di Beatrice Valli. Classe 1995, una community di 2,8 milioni di follower e una nuova linea di abbigliamento kidswear che si chiama Whatevs, coerente con il suo profilo così incentrato sulla sua vita familiare. Segue sulla stessa onda numerica Valentina Ferragni, sorella della più celebre Chiara con i suoi 4 milioni di follower. Il suo omonimo Valentina Ferragni Studio è un marchio di jewelry dallo stile pop che mostra il suo volto. O ancora Giulia Calcaterra, che la scorsa primavera ha lanciato il suo brand di costumi Selvatica, dall’estetica ispirata al mondo del fitness, cui lei appartiene, e dell’avventura.
I brand, infatti, devono rispecchiare la visione, la personalità e il tone of voice, oltre che l’ambito d’appartenenza, delle giovani star. Il primo intento che muove il debutto imprenditoriale è sicuramente legato al business: generare una nuova fonte di profitto slegata dal ruolo di cassa di risonanza per brand terzi che tradizionalmente definisce la figura dell’influencer. Ma la scelta ha anche a che fare con il posizionamento della propria identità, che deve uscire dal web affinché anche il suo nucleo virtuale ne risulti potenziato. Si tratta di una forma avanzata di self-branding, di cui il marchio diventa l’espressione.
Se la moda pullula di brand ‘influencer-made’, il beauty non è da meno. La linea di skincare Hey Cutie di Miss Strawberryfields, circa 110mila follower e un canale YouTube attivo dal 2009, o quella di Sweet as a Candy sono solo alcuni esempi di un ricco humus di piccoli business nati dal web. Ma il caso più celebre nel mondo della bellezza è quello di Clio Zammatteo, in arte Cliomakeup, nata come makeup artist agli albori di YouTube e dal 2017 founder del marchio che porta il suo nome.
INFLUENZARE NON BASTA
‘Influenzare’ non è più sufficiente, a quanto pare. Certo, ancora non si captano segnali di un allontanamento dei brand dai personaggi dei social, anzi. Nel 2020 l’influencer marketing globale ha viaggiato a quota 9,7 miliardi di dollari; in Italia, alla fine del 2021, come emerge dalla stima di Upa, il valore di questo mercato si è assesterà intorno ai 272 milioni di euro, in aumento del 12% rispetto all’anno precedente e rappresentando una quota tra il 3% e il 4% degli investimenti pubblicitari. Eppure, sebbene gran parte di questo capitale vada nelle tasche delle celebrities, c’è anche un esercito di intermediari che si prende la propria fetta lungo la strada. Oltre all’incertezza, catalizzata dalla pandemia, sulla possibile durata a lungo termine di questi lucrosi accordi con i brand e che sta spingendo a esplorare nuove vie potenzialmente redditizie.
UN MESTIERE IN DIVENIRE
Fondare un marchio proprio risponde a una logica di disintermediazione che scavalca non solo le aziende committenti ma anche tutte le figure che costellano il percorso per arrivarci. Lo step imprenditoriale resta più complesso e non è un caso che siano più frequenti le influencer che decidono di appoggiarsi a marchi già esistenti e noti per lanciare una linea a propria immagine e somiglianza che non implichi, però, il salto nel mondo del business in prima persona. Salto che richiede doti imprenditoriali che esulano dal mero marketing. Quello a cui gli influencer hanno accesso, però, è senza dubbio un canale privilegiato, attraverso cui poter capitalizzare i numeri e il forte engagement delle proprie comunità di follower. Il risultato è un debutto sul mercato senza troppe incognite e facilmente mappabile, che potrebbe rappresentare l’upgrade di una professione in pieno divenire.