Il CEO Silvio Campara la definisce una via naturale per il marchio. Il debutto sui listini azionari non ha ancora una data, ma, nel frattempo, ha ottenuto il primo posto nella categoria fashion del ranking di Pambianco 2020.
Entusiasmante. È la parola con cui Silvio Campara, CEO di Golden Goose descrive questo periodo di grande trasformazione per il mondo della moda. Nonostante il periodo sfidante, nonostante la pandemia di Covid-19 che ha letteralmente congelato per molti mesi le vendite di moda a livello mondiale, stravolto i tempi e che cambierà le politiche di marketing dei brand del fashion e del lusso, non c’è una vena di preoccupazione nelle sue parole. C’è, anzi, la voglia di intraprendere un percorso importante, quello della quotazione in Borsa, un obiettivo non ancora fissato in calendario ma che rientra nei propositi futuri dell’azienda. Nel frattempo, il marchio reso celebre dalle sue sneakers ha ottenuto un importante risultato. È Golden Goose il vincitore per la categoria fashion del Premio Pambianco leQuotabili, ovvero la quindicesima edizione dell’analisi annuale stilata da Pambianco sulle società italiane che possiedono le caratteristiche economiche, finanziarie e di posizionamento per essere
quotate in Borsa con successo in un orizzonte temporale di 3/5 anni. Il riconoscimento va a confermare il periodo positivo dell’etichetta, che quest’anno festeggia i suoi primi vent’anni. Nel 2020 la realtà veneta ha annunciato una chiusura dell’anno in linea con il 2019, quindi 265 milioni contro i 262 del 2019. Lo scorso febbraio, inoltre, Golden Goose è stata acquisita da Permira per circa 1,3 miliardi di euro. Il marchio presente in Asia, Europa, Medio Oriente e Americhe, con oltre 120 negozi diretti, 18 piattaforme digitali e direct online con un fatturato ripartito tra il 37% dell’America, 33% dell’Europa e il 30% proveniente dall’Asia. Insieme all’importanza strategica del canale digital, il gruppo mantiene un focus importante anche nell’ambito dei negozi fisici, considerati fondamentali perché consentono una esperienza visiva e tattile dei prodotti. Non è un caso che il gruppo ha recentemente annunciato all’inizio di quest’anno, anche inaugurato la sua nuova sede in via Ercole Marelli 10, nell’area che ospiterà il Villaggio Olimpico dei giochi invernali Milano-Cortina 2026.
Partiamo con un bilancio di quest’anno, che è stato un anno particolare sotto diversi punti di vista. Ci può raccontare come è andato?
Quest’anno Golden Goose festeggia vent’anni. È un anniversario importante per l’azienda ma devo dire che ogni giorno ricominciamo da zero. Ripartiamo dall’inizio perché vogliamo guardare sempre tutto ciò che ci aspetta davanti motivati da una grande ambizione così come da un forte entusiasmo. Affrontiamo questi primi vent’anni con la consapevolezza che forse abbiamo capito il potenziale che ha il marchio e con la certezza che possiamo esprimerne molto nel futuro. Io sono entrato in questa azienda sette anni fa: allora eravamo in 17 persone. Oggi siamo in 800 e ora Golden Goose è presente in 92 nazioni. Il mio auspicio è che le persone in azienda possano essere sempre di più. Golden Goose è un collettivo e io ho semplicemente la fortuna di poterlo guidare in questo momento. La cosa più bella è pensare che ci saranno altre persone che lo guideranno in futuro e pensare che avranno sempre qualcosa da raccontare. Non tanto a sé stessi ma alle persone alle quali ci rivolgiamo tutti i giorni.
Il mercato della moda sta cambiando con una rapidità incredibile. Come la immagina l’evoluzione di Golden Goose nei prossimi anni?
È entusiasmante. Noi stiamo vivendo una fase particolare, di grande fermento. Posso dire metaforicamente che sentiamo le farfalle nella pancia. Siamo contenti. Forse la grande sfida che dobbiamo affrontare noi come brand ma che in realtà tutto il comparto moda deve affrontare – e forse anche i fornitori e tutto l’indotto – è spostare l’obiettivo tipico che è sempre stato quello del prodotto verso il consumatore. Mentre fino a ieri tutto era legato al concetto di comunicare un prodotto, venderlo, posizionarlo, da domani – che poi, bisogna ricordarlo non si tratta di un futuro lontano ma è già realtà attuale – occorrerà pensare al consumatore. Finalmente il consumatore è davvero al centro e finalmente crea il contenuto. Non è semplicemente impegnato solo a comprare ma vuole essere parte di questa cosa. Il prodotto così diventa un assoluto protagonista ma non più l’unico protagonista. Questo avrà degli effetti devastanti in mille cose: negli stessi organigrammi, dall’importanza che ricopriva ieri lo stile rispetto a quanto lo avrà domani. Dall’importanza che aveva anche il marketing e che avrà ancora di più, evolvendosi in mille altri aspetti. Quindi la più bella raccomandazione e ispirazione che posso dare a tutti i nostri compagni di viaggio nel mondo della moda è: pensate in modo differente, non arroccatevi.
Il marchio ha come socio un fondo di Private Equity. Dove pensi che possa arrivare l’azienda in un margine di tempo di tre anni?
Non è un segreto: noi ci dobbiamo assolutamente quotare. Non è la nostra priorità ma la via naturale e l’ambizione naturale che ci aspettiamo per questo brand. Non abbiamo ancora un piano definito e quindi non so ancora né su quale listino azionario né quando. Questo è un collettivo di persone atto a generare valore e quindi non c’è nulla di più bello di celebrarlo nella quotazione.