Gli hotel pieni di camere libere, niente calca per l’aperitivo, pranzi e cene saltate, taxi fermi, vita notturna bandita. L’emergenza sanitaria ha rivoluzionato la vita della popolazione mondiale e, di conseguenza, anche usi e costumi del popolo della moda. La seconda stagione di fashion week digitali, inaugurata pochi giorni fa dalla Grande Mela, segnerà un nuovo calo di consumi legati alla mancanza di spostamenti degli addetti ai lavori da una capitale della moda all’altra, per ben quattro settimane consecutive. Senza contare lo shopping nelle boutique del lusso e non solo.
Secondo Bloomberg New York, Londra, Milano e Parigi potrebbero perdere oltre 600 milioni di dollari in attività economiche per il mancato svolgimento delle canoniche fashion week.
Solitamente le passerelle della città che non dorme mai radunano fino a 150mila persone generando annualmente introiti per centinaia di milioni di dollari; secondo il Joint Economic Committee, la Nyfw è un aggregatore maggiore persino del torneo di tennis Us Open. Le sfilate rappresentano invece l’arrivo di quasi 270 milioni di sterline per la capitale inglese, secondo FashionUnited’s Business Intelligence. Oxford Economics stima che circa 240mila impieghi direttamente riconducibili alla fashion week, più di 1/4 dell’intera forza lavoro del settore moda del Regno Unito, siano andati perduti. Contando anche gli impieghi indirettamente legati alla manifestazione, si arriva a 350mila. Oltre alla pandemia, l’Inghilterra subisce anche le prime difficoltà legate alla Brexit che mette in pericolo soprattutto i marchi di piccole dimensioni.
Ciascuna delle quattro fashion week milanesi portava in città circa 30 milioni di euro spesi tra hotel e ristoranti. Il presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana Carlo Capasa si aspetta un taglio di circa l’80%, riporta Bloomberg. L’Institut Français de La Mode ha comunicato che le fashion week parigine generavano 450 milioni di euro all’anno prima dell’emergenza sanitaria. Christophe Laure, presidente del gruppo alberghiero Umih Prestige, stima che solitamente gli hotel cosiddetti ‘Palaces’ erano pieni per l’80-100% della loro capienza durante le sfilate all’ombra della Torre Eiffel. Oggi neppure la metà è aperta e le camere occupate variano dal 5 al 15 per cento. C’est Covid.