La storica industria tessile molisana Ittierre, che nel 2015 aveva cambiato nome in “Le Fabbriche Riunite”, tornerà a produrre tessuti, ma da plastiche selezionate: la società di Isernia Smaltimenti Sud, che fa capo al gruppo Valerio ed è specializzato nella raccolta, trasporto, valorizzazione e smaltimento di rifiuti urbani e speciali non pericolosi, ha acquisito per 2,7 milioni di euro l’intero compendio, mobiliare e immobiliare, delle procedure in amministrazione straordinaria e in concordato preventivo.
La notizia è stata ufficializzata in conferenza stampa dal presidente del Tribunale di Isernia, Vincenzo Di Giacomo. Da qui si apprende che il progetto, che inizialmente prevede l’assunzione di un centinaio di dipendenti, di cui una parte ha lavorato con l’ex Ittierre, non avverrà prima di 18 mesi, quando le macchine torneranno in moto.
“700mila euro andranno alla procedura concordataria del Tribunale di Isernia, a cui vanno aggiunti altri 300mila derivanti dalla cessione a terzi di residui capi di abbigliamento, pertanto la procedura concordataria incamererà complessivamente 1 milione di euro”, ha sottolineato Di Giacomo. “Il progetto del gruppo Valerio prevede una riconversione industriale rispettosa della storia del territorio e non una discarica, bensì un tipo di trasformazione di materiale plastico in materiale tessile, incluso quello destinato ai Dpi come mascherine e simili, tanto più importante in questa tragica emergenza sanitaria”.
La cifra sarà ripartita tra i 750 ex lavoratori Ittierre che hanno già ricevuto il 60% delle spettanze a seguito della vendita, anche sui mercati internazionali, dei capi di abbigliamento da parte della procedura concordataria. Questa ulteriore ripartizione andrà a coprire una parte importante del loro credito, e avverrà presumibilmente entro il prossimo ottobre.
Ittierre era stata fondata negli anni 80 da Tonino Perna e negli ultimi anni aveva attraversato delle difficoltà con vari cambi ai vertici. Dopo il crack del 2012, infatti, era passata a diversi imprenditori, tra cui Antonio Bianchi di Albisetti e Antonio Rosati di Oti.