Il sistema tessile-moda italiano non può ancora parlare di “fuga dalla Cina” a causa dell’epidemia Coronavirus. Ma, se il contagio continuerà, anche le aziende italiane che si affidano a una rete produttiva in loco, che siano terzisti o joint venture locali, potrebbero lasciare il Paese per portare parte delle manifatture in altri Paesi potenzialmente interessanti dal punto di vista produttivo. Lo conferma il presidente di Smi-Sistema moda Italia, Marino Vago, interpellato da Pambianconews sulla possibilità di un reshoring in territorio italiano. Secondo Vago, “è difficile al momento attuale quantificare l’impatto economico dell’epidemia, non disponiamo ancora di dati reali e connotabili. Al momento – continua – rileviamo il crollo di consumi e ritardi nelle spedizioni. Il rischio è di incorrere in mancanza di componenti lungo la filiera tessile, ma per il momento la situazione è di tenuta, grazie agli approvvigionamenti esistenti”.
Si tratta però di una situazione temporanea. “Certo – precisa Vago – che se le chiusure dovessero prolungarsi nel tempo il problema minaccia di concretizzarsi, costringendo le aziende ad approvvigionarsi altrove. Non ci risultano fenomeni di reshoring in atto a causa del Coronavirus, sicuramente sarà necessario ricorrere a lavorazioni in altre località solamente se la situazione perdurerà nel tempo. È necessario quindi implementare la promozione e la ricerca di altri mercati che esistono e sono ancora poco esplorati, per poter garantire la continuità dell’export delle nostre eccellenze”.
Nei giorni scorsi Zhang Tao, segretario generale del Ccpit-Tex (China Council for the Promotion of International Trade), ente che si occupa del settore tessile nel Paese, avevo dichiarato che l’impatto negativo dell’epidemia continuerà a farsi sentire sulle imprese a breve termine, al punto da arrivare alla normalizzazione della situazione nell’ex Celeste impero soltanto fra sei mesi.