Milano XL si ferma a quota due. A una settimana dall’inizio della tornata settembrina della moda milanese, infatti, la terza edizione del progetto è scomparsa dai radar. “Vedo difficile possa riproporsi questa iniziativa”, commentava già a fine luglio Cristina Tajani, assessore alle Politiche per il lavoro, attività produttive, commercio, moda e design. “Siamo in un momento di transizione”, glissava Franco Gabbrielli, neopresidente di Mipel e Assopellettieri. “Non abbiamo informazioni a riguardo”, confermava un altro neopresidente, Siro Badon, da pochi mesi alla guida di Micam e Assocalzaturifici. Insomma, sin da prima delle vacanze estive nulla faceva presagire che si potesse riconfermare l’appuntamento frutto del Tavolo della Moda che ha raccolto negli ultimi due anni, sotto l’egida del ministero dello Sviluppo Economico, i principali attori del macro sistema moda allargato, agendo da raccordo tra le sfilate donna, le fiere e gli eventi aperti al pubblico. Lo scoglio principale, stando a quanto raccolto da Pambianco Magazine, è stato il mancato impegno economico per la promozione dell’appuntamento, a carico del Governo (2,5 milioni di euro per ciascuna delle due scorse edizioni, ndr). “Da parte dell’amministrazione – spiegava Tajani – c’è tutta la volontà di riproporlo, ma al momento non abbiamo avuto un feedback: al Tavolo della Moda la discussione è stata presentata, ma non ha avuto seguito”. La crisi di Governo di agosto ha moltiplicato le incertezze. Ma già l’Esecutivo Lega-M5s sembrava aver modificato le linee guida del Tavolo della moda, istituito nel 2016, per volontà dell’allora sottosegretario allo Sviluppo economico Carlo Calenda, con lo scopo di investire nel settore con interventi mirati sui più diversi temi, dalla sostenibilità alla promozione degli appuntamenti fieristici, dall’internazionalizzazione alla digitalizzazione. Nell’ultima fase, il Tavolo si è dimostrato meno propenso a operazioni di promozione del made in Italy verso il grande pubblico. E questo nonostante il vicepremier Luigi di Maio, esattamente un anno fa in occasione di Micam, avesse promesso di continuare a investire sul settore. Dunque, a settembre difficile che qualcosa si sblocchi. “Siamo tutti fiduciosi, ma al contempo preoccupati per la situazione”, raccontava Gabbrielli. “Sotto Calenda, dopo vent’anni di parole, era avvenuta una accelerazione di intenti, una volontà reale e tangibile di fare sistema”. Il quesito, fino ad agosto, era sul ‘post Calenda’. Adesso, i quesiti sono anche più indeterminati.
SFILATE A ROTAZIONE
Così, in assenza di una direttiva (e di un sostegno, anche economico) che arrivi dall’alto, Camera Nazionale della Moda Italiana e le fiere di settore cercano di fare al meglio ‘da sé’. Per la prossima edizione della Milano Fashion Week, in programma dal 17 al 23 settembre, e per quelle a seguire, un tavolo di lavoro costituito ad hoc dai principali brand ha stabilito che il calendario della kermesse si aprirà (e chiuderà) a rotazione. Così, a inaugurare le sfilate di questa tornata ci sarà Prada, mentre a concluderle sarà Gucci (a febbraio 2020, invece, si partirà proprio con Gucci, mentre Armani sarà l’ultimo in agenda). “Tutti i brand parte del tavolo – spiegava di recente un comunicato stampa della Camera Nazionale della Moda Italiana – hanno dato totale disponibilità ad effettuare una rotazione all’interno del calendario nelle stagioni a venire”.
FIERE IN SISTEMA
Insomma, la volontà di fare sistema, a prescindere dai finanziamenti del governo, pare esserci. E anche al livello delle fiere. “Vogliamo iniziare un periodo di grossa sinergia con Micam, cercando di unire le forze per portare più compratori, e più giovani in fiera”, ha sottolineato Gabbrielli. Tra gli obiettivi dell’imprenditore, che a giugno ha preso il testimone da Riccardo Braccialini e che sarà alla guida di Assopellettieri fino al 2022, anche una più accurata selezione degli espositori alla fiera della pelletteria e un’attività di scouting serrata, per portare tra gli stand nuovi nomi. Micam, dal canto suo, punterà invece sulle calzature sportive e outdoor, e inaugurerà un’area tutta dedicata a questo segmento, battezzata Players District. La necessità di porre fine ai “battibecchi” e “andare all’unisono” era emersa anche durante la prima assise di Confindustria Moda, tenutasi a Milano a fine giugno, in cui il presidente Claudio Marenzi aveva ribadito l’esigenza di mettere a fattor comune quante più aree di lavoro possibili tra gli associati (sette le organizzazioni federate). L’imprenditore, dal palco, aveva ricordato che il comparto rappresentato dalle aziende associate (il cui fatturato 2018 ammonta a 95,5 miliardi di euro) è il secondo settore industriale italiano per avanzo commerciale dopo la meccanica, con 28,1 miliardi di euro. Un comparto che conta su 66mila aziende, per un totale di oltre 580mila persone impiegate. Numeri importanti, nonostante il silenzio delle Istituzioni.