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Buyer in formato 2.0

Buyer in formato 2.0

Di Redazione
12 Gennaio 2016

L’avvento dell’e-commerce ha cambiato le carte in tavola, almeno in parte. Le strategie vincenti puntano sull’immagine e sui social, senza dimenticare le fiere.

Il mestiere del buyer è sempre stato al centro delle dinamiche della moda. Sicuramente perché è legato a doppio filo con il retail, ma anche perché, grazie all’assidua ricerca di nuove tendenze e marchi sconosciuti ai più, è immerso a 360° in ciò che questo mondo propone e rappresenta. Il passare del tempo e l’avvento delle nuove tecnologie, e quindi la necessità di adattare il ruolo del buyer alla contemporaneità, hanno fatto sì che questa figura assumesse nuove sfaccettature, nuove necessità e un nuovo approccio. Si parla soprattutto di come il web abbia mutato le dinamiche e di quanto sta accadendo con il fenomeno dell’e-commerce. Esistono realtà definibili ibride, come il concept store fiorentino Luisaviaroma (che realizza online il 95% del fatturato), che affiancano il negozio fisico a quello online. Ma le aziende che puntano il tutto per tutto sull’e-commerce sono molte. La figura del buyer, quindi, si è certamente evoluta negli ultimi anni per far fronte al cambiamento nato con l’e-commerce, ma non è ben chiaro come. E questa ‘confusione’ è ammessa dagli stessi buyer. Alcuni sostengono che, in realtà, le differenze sul campo tra i buyer che operano nei negozi fisici e quelli che lavorano per un’e-commerce non siano poi molte. Altri, invece, dicono che ci sono delle diversità sostanziali, soprattutto nell’approccio al lavoro. Cristiana Sicca, direttore commerciale e a capo dei buyer di Bnk4- Saldiprivati srl, società di cui fanno parte le realtà e-commerce SaldiPrivati, Vico42 e Mami, racconta a Pambianco Magazine il caso della realtà di Vico42, nato solo sei mesi fa e dedicato all’uomo. Gli e-commerce della società si basano sul concetto delle vendite flash, perciò, sottolinea Sicca: “la figura del buyer, in Vico42 e per le altre nostre realtà, è leggermente diversa da quella che si ha offline. Il primo elemento che caratterizza un buyer che lavora per un sito di vendite flash è la velocità: deve essere rapido a trovare il marchio o il capo giusto per la vendita e deve farlo prima che arrivino i nostri competitor. Mentre l’offline veste il suo negozio, i nostri buyer realizzano abiti su misura per ogni azienda che incontrano. Mi spiego meglio: a seconda delle necessità di ciascuna azienda, creiamo una strategia ad hoc, che si tratti del conto vendita, del conto vendita con minimo garantito o dell’acquisto totale”. Quindi, la prima fondamentale differenza è la velocità. In generale, c’è una diversità di approccio, sottolinea Reece Crisp, menswear buying manager di Farfetch, colosso delle vendite online: “Avendo lavorato sia per l’e-commerce sia per gli store fisici, posso dire che le modalità sono estremamente diverse, dalla selezione del prodotto al modo di presentarlo. La cosa più importante è l’interazione con la clientela. Online è necessario accattivare gli utenti più di quanto accade offline, anche perché il consumatore può fare shopping simultaneamente su diversi e-commerce e, quindi, per vincere, la nostra proposta deve essere migliore di quella che è presente sui competitor. Pertanto, dal copy al prodotto, passando per lo styling e da quanto il sito è user friendly, tutto impatta sulla scelta del consumatore”. Di visione opposta David Clark, head of buying men di Zalando, secondo cui i ruoli e il lavoro tra online e offline “sono piuttosto simili. Bisogna cercare – dice a Pambianco Magazine – il prodotto giusto e il brand più adatto alla propria clientela e per la propria realtà, cercando di massimizzare i ricavi. La vera differenza sta nel fatto che avere un’e-commerce significa non scontrarsi con i limiti fisici del retail. Infatti, mentre negli store lo spazio è limitato dai metri quadrati, nell’e-commerce questo non si verifica. Ciò consente ai nostri clienti di avere una scelta più ampia e di individuare esattamente quello che davvero vogliono senza lasciarsi limitare dall’offerta”. La realtà dei fatti è che, più che la figura del buyer in sé per sé, cambia l’approccio lavorativo dovuto alla necessità di adattarsi al mondo dell’online. Oltre alla velocità, quindi, vanno ad aggiungersi una maggiore attenzione al consumatore e all’immagine, che è l’elemento principale su cui i clienti si basano per l’acquisto: semplicisticamente, se la foto non rende, il prodotto non viene acquistato. Ma come può un consumatore basarsi unicamente su un’immagine e un prezzo per comprare un capo? Qui l’e-commerce, se lasciasse da parte il lato emozionale e qualitativo dello shopping, rischierebbe di cadere in fallo preferendo la quantità di merce disponibile all’esperienza positiva del cliente (che va ben aldilà dell’acquisto). Per ovviare a questo problema ci sono delle soluzioni, come quella attuata da Luisaviaroma: “All’interno del nostro sito – spiega a Pambianco Magazine Ludivine Chauvel, responsabile del buying office di Luisaviaroma – accanto a ciascun capo in vendita viene affiancata una scheda prodotto, che ha una funzione fondamentale. Inseriamo una descrizione simile a quella che potrebbe essere fatta da un addetto alle vendite in negozio: è un parere che aiuta a orientarsi nella ricerca e nella scelta, perché un venditore conosce dei dettagli che solo un esperto, e non un computer, può fornire (come la vestibilità e i materiali utilizzati)”.

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I SOCIAL, INTERFACCIA DIRETTA COL CLIENTE
Gli store online, peraltro, si trovano anch’essi di fronte alla nuova frontiera dei social network. La sensazione è che vengano utilizzati come strumento di monitoraggio delle tendenze, soprattutto nel caso di Instagram, ma anche come un vero e proprio canale d’informazione. “Per noi i social – racconta a Pambianco Magazine Matteo Bovio, communications manager di Zalando – vanno su due binari: uno è l’osservazione della tendenza, l’altro è lo strumento per capire cosa i nostri clienti amano e preferiscono. Hanno anche una funzione di customer service: tramite la risposta degli utenti riusciamo a capire dove e come indirizzarci. Qualche anno fa ci venivano fatte diverse domande sui social rispetto alle policy di reso gratuito anche se sul nostro sito, a nostro parere, era tutto piuttosto chiaro. Grazie ai feedback ricevuti in tempo reale, siamo riusciti a migliorare la nostra offerta”. Avviene la stessa cosa per Luisaviaroma, come ha sottolineato Chauvel: “I nostri social network sono monitorati dal customer service perché spesso i clienti chiedono informazioni direttamente da lì, ad esempio, commentando le foto su Facebook. Chiedono riscontri sia sulla merce sia logistici. I like sono un fattore importante per capire ciò che gli utenti amano e preferiscono, anche se non sempre si traducono in un risultato di vendita”. Dall’altra parte sono una cartina al tornasole delle tendenze che ricevono il maggior riscontro del pubblico. I buyer conoscono con largo anticipo quali saranno i trend che si verificheranno in futuro. Perciò non utilizzano i social network per conoscere le tendenze, bensì per monitorarle: “Poiché vediamo nascere le tendenze prima del grande pubblico – ha continuato Chauvel – i social sono un evidenziatore dei trend che vanno meglio tra quelli che abbiamo già individuato”. In questo senso, nel panorama social, la parte del leone la fa Instagram che, infatti, punta più di tutti gli altri sull’immagine: “Instagram – riprende Crisp di Farfetch – è la fonte principale per me, così come i fashion blog. L’impatto che Instagram ha avuto sulla moda è enorme. Il concetto di lifestyle e di come uno store, o un’e-commerce, viene rappresentato sui social oggi è più importante che mai”.

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FIERE E WEB, UNA NUOVA SINERGIA 
Una parte fondamentale del lavoro del buyer si è sempre svolta durante le fiere di settore. Era così ieri, ma sembra sia così anche oggi, nonostante l’ondata del web e dei social. Il dubbio era che il buyer dell’e-commerce non avesse la stessa necessità di andare alle fiere o, quantomeno, che queste avessero assunto un valore diverso. Dubbio infondato, tanto che la voce, in questo caso, è unanime: le fiere di settore, come Pitti Uomo, servono eccome. “Sono fondamentali per l’e-commerce per diversi aspetti – sottolinea Sicca di Saldiprivati –. Il primo è il mantenimento della relazione con i marchi con cui il buyer ha già un rapporto. C’è poi la costruzione di nuove collaborazioni e contrattazioni commerciali con etichette con cui non ha ancora un legame. Circa la metà delle vendite che riusciamo a fare sui nostri siti è dovuta alla pianificazione che è stata fatta tramite le fiere. Oggi c’è anche una maggiore focalizzazione su ciò che sono le nuove tendenze, e questo è un punto in comune con l’offline. La ricerca per il mondo, e quindi anche tramite le fiere, è una delle caratteristiche che fa di un buyer un bravo buyer”. A giugno di quest’anno, Zalando ha annunciato la sua volontà di entrare in sinergia col team di Bread & Butter, fiera berlinese dedicata a brand di urbanwear e streetwear. La prima edizione del salone curata dall’e-commerce tedesco avverrà nel 2016. “Le fiere di settore – interviene Matteo Bovio, Communications manager di Zalando – hanno un’importanza molto rilevante per quanto riguarda la ricerca di prodotto ma non sono più legate a fare business, almeno per quanto riguarda noi di Zalando. Il Bread & Butter è un’opportunità per fare qualcosa di diverso, maggiormente rivolto al pubblico e diretto al consumatore. Vogliamo coinvolgere a tutto tondo le persone creando un evento che si allontani dal concetto di B2B. L’obiettivo è quello di trasformare il salone in un evento B2C. Infatti, nel futuro del sistema moda vediamo diversi attori (tra cui buyer, consumatori e imprenditori) e ciascuno di questi ha delle necessità: la giusta soluzione è creare delle connessioni tra di loro per agevolare la sinergia, e la nostra piattaforma nel futuro sarà molto orientata su questo: sarà possibile comunicare direttamente coi brand e il consumatore potrà ricevere consigli sullo stile da un esperto di moda”. Addirittura, secondo Chauvel di Luisaviaroma, le fiere servirebbero di più ai buyer che operano sull’e-commerce rispetto a quelli che lavorano offline: “Le fiere servono soprattutto a noi del digitale proprio perché, avendo più spazio per gli emergenti, c’è più possibilità di inserirli”. Non c’è da stupirsi che la realtà fiorentina guidata dal CEO Andrea Panconesi si sia legata a White, il salone milanese dedicato alla moda contemporary. Durante l’edizione Man and Woman, che avrà luogo dal 16 al 18 gennaio in via Tortona, il progetto Wow (White on web) by Highsnobiety, piattaforma online di riferimento per il mondo streetwear & lifestyle, sarà arricchito della collaborazione di Luisaviaroma. Tramite questa partnership il salone ha potuto selezionare e comprendere quali sono i marchi che online registrano una performance migliore e inserirli nello spazio Wow della fiera: nell’area saranno presenti un gruppo di designer selezionati da White e Highsnobiety in tandem con Luisaviaroma, che realizzerà poi uno speciale approfondimento editoriale. “Le fiere – ha dichiarato Massimiliano Bizzi, fondatore di White, in occasione della conferenza di presentazione – per continuare ad essere un punto di riferimento reale, devono pensare ad adattarsi al nuovo business del web”.

di Letizia Redaelli

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