Le griffe italiane hanno saputo valorizzare i tesori nascosti di Milano. E oggi contribuiscono al rinnovo della città anche con le nuove ‘roccaforti’ degli stilisti.
Paese che vai, usanze che trovi. La famosa massima non si smentisce per le principali capitali della moda mondiale, soprattutto per quanto concerne le location predisposte a ospitare le passerelle dei marchi più prestigiosi. Per anni, la New York Fashion Week è stata associata alla struttura bianca eretta nei pressi del Lincoln Center. Le sfilate di Parigi sono solitamente allestite in edifici faraonici come la Reggia di Versailles scelta da John Galliano e Karl Lagerfeld. A Londra, la fashion crew si è appena spostata dalla Somerset House al Brewer Street Car Park per le recenti collezioni primavera/estate 2016. E Milano? All’ombra della Madonnina, le sfilate comportano da sempre un certo fermento urbanistico. Che finisce per valorizzare al massimo le bellezze della città. Nei primi anni 2000, circa la metà dei brand italiani si raduna ancora nei padiglioni della Fiera in piazza VI febbraio. Significa una cinquantina di sfilate sulle quasi cento totali. Sono programmate al mattino, così da lasciare ad Armani, Gucci, Fendi, Prada, Versace e altri grandi nomi la possibilità di scegliere location indipendenti nel pomeriggio. Dal settembre 2006 e fino al 2010, l’impianto si trasferisce al centro congressi di via Gattamelata, l’attuale Fiera Milano City all’epoca ribattezzata Fashion Milano Center. Le aziende che scelgono la struttura comune diminuiscono però drasticamente. In questi anni, prende il via una tendenza opposta a quella in atto oltreoceano: i brand preferiscono personalizzare i propri spazi espositivi, svincolandosi da strutture comuni non sempre allineabili al mood delle diverse collezioni. Questa tendenza ha progressivamente spinto il popolo della moda della fashion week milanese a spostamenti sempre più complessi. Sul banco degli imputati finisce, spesso, una mancata pianificazione logistica di sfilate e presentazioni che impedisce a stampa e buyer di muoversi con agilità da un evento all’altro (ecco spiegato il perenne traffico nei giorni della Mfw).
L’evoluzione della strategia sulle location vede oggi i big della moda intenti a costruire i propri spazi, se non a renderli vere e proprie roccaforti in grado di ampliare il potere del brand. Il “Giorgio Armani district” in via Bergognone accoglie tutto l’universo dello stilista piacentino recentemente arricchito dal museo Armani Silos. Prada in via Fogazzaro, Fendi in via Solari, Jil Sander in via Beltrami, Dolce & Gabbana in viale Piave, Antonio Marras in via Cola di Rienzo, Calvin Klein in viale Umbria e Bottega Veneta in via Ercole Marelli sono solo alcune delle aziende che annettono showroom e sedi operative ai locali dove allestiscono i fashion show, creando, di fatto, i simboli architettonico-urbanistici della propria identità. Altre aziende continuano ad accogliere i propri ospiti nei medesimi luoghi non di proprietà. Ma si tratta di location che comunicano una certa continuità. È il caso di Salvatore Ferragamo, legato da anni a Palazzo Mezzanotte in Piazza Affari, o di Dsquared2, di casa presso la Scuola Militare Teulié. In generale, grazie ai défilé vengono riscoperti alcuni palazzi storici dal notevole valore artistico: i marmi di Palazzo Clerici, gli stucchi di Palazzo Serbelloni e la maestosità del Castello Sforzesco, veri e propri monumenti opzionati da griffe quali Alberta Ferretti, Brioni, Blumarine, Roberto Cavalli, Ermanno Scervino, John Richmond. Tra un affresco del settecento e i padiglioni sotto i grattacieli, è la bellezza del traffico della moda.
di Marco Caruccio