Da giugno, è la prima presidente donna di Assocalzaturifici. Una che sa “sporcarsi le mani”. La sfida è ritrovare coesione. A partire dal “ridare appeal” al salone.
Prima la benzinaia, poi la maestra d’asilo per un decennio, per diventare successivamente la prima poliziotta donna delle Marche. Fino all’incontro con il marito, Graziano Cuccù, e l’ingresso nell’azienda di famiglia, Loriblu, di cui è attualmente amministratore delegato.
Un incarico cui, da due mesi, si è aggiunto anche quello al timone di Assocalzaturifici. Annarita Pilotti, a fine giugno, ha guadagnato così un altro ‘primato’: non più soltanto prima poliziotta, ma anche prima donna nella storia a guidare l’associazione dei calzaturieri che, proprio quest’anno, festeggia i 70 anni. La manager, che prende il testimone da Cleto Sagripanti, assume la presidenza in un momento chiave per l’associazione e per l’industria di settore del nostro Paese. Davanti a lei, la sfida di ritrovare coesione all’interno e all’esterno di Assocalzaturifici, la battaglia del Made In e la necessità di riorganizzare la principale fiera di settore, il Micam. Una battaglia che intende giocare “tutti insieme”, senza alzare muri, ma anzi, tendendo la mano per quanto possibile a quanti saranno disposti a condividere un obiettivo.
Che effetto le fa essere la prima donna a guidare l’associazione?
È una bella sensazione. Si tratta di un ruolo prettamente maschile, e nonostante ciò ho ricevuto oltre l’80% dei consensi. Sono piaciuta, e le dirò anche perché: sono una donna d’azienda, una vera imprenditrice che si è sempre sporcata le mani. E poi non sono una politica: non ho agganci, non siedo ai tavoli delle lobby, ho pochi contatti nel mondo della moda. In un certo senso, sono una ‘pura’. Questo rende tutto più difficile, certamente dovrò imparare in fretta. Ma per il momento mi dà anche una grande libertà: decido tutto con la mia testa.
Un bel cambiamento rispetto alla passata presidenza.
Rispetto ad altri, non conosco politici, è vero. Ma sono al corrente delle esigenze degli imprenditori, vivendole ogni giorno in prima persona. Sarà per questo che mi piace ripetere che non sono qui per me, ma ‘per loro’, gli industriali che rappresento: insomma, non mi interessa certo una poltrona in Regione o in Commissione Europea.
Cosa le interessa invece?
Ripartire da quanto di buono c’è nell’associazione e nel Micam. E da lì, rifondarlo. Prenda il salone, per esempio: è il più importante per le calzature in tutto il mondo, eppure dà l’impressione di essere ‘vecchio’. Ecco, partirei da lì: entro due o tre stagioni al massimo mi piacerebbe cambiarne lo stile, ridargli il glamour e il fascino che ha perso con il tempo. Magari iniziando dai percorsi in cui è organizzato: immagino un padiglione Italia da rimettere al centro, attorno cui far girare le proposte in arrivo dagli altri Paesi.
Occorre ripensare le date?
Per adesso non si può cambiare: l’agenda estiva è stata già decisa da tempo (Micam si terrà dall’1 al 4 settembre, ndr) e tale rimarrà. Ma in futuro no, l’intenzione è quella di cambiarle, ritardandole un po’: a tal proposito ho già in programma un incontro con l’AD di Fiera Milano Corrado Peraboni per ritoccare l’agenda già a partire dal prossimo febbraio-marzo. Anticipare così tanto il calendario trovo sia stata una follia: chi viene a Milano a fine agosto, quando la maggior parte dei buyer e delle aziende è ancora in ferie?
Un’altra questione spinosa è il riallineamento con la settimana della moda.
Senza dubbio. Vorrei discutere della questione a breve con Claudio Marenzi di Sistema Moda Italia e Carlo Capasa di Camera Nazionale della Moda Italiana. Il mio obiettivo è concordare un periodo di tempo per cercare di riallinearci e lanciare un messaggio chiaro ai buyer: per esempio, l’ultimo giorno di Micam potrebbe coincidere con il primo della fashion week. Avrebbe certamente più senso del calendario attuale.
È una strategia di conciliazione?
Non credo si tratti tanto di essere concilianti, quanto di fare il possibile per collaborare. Per ora ho notato che c’è molta voglia su tutti i fronti di essere compatti. Sono convinta che bisogna trovare i giusti compromessi, e che in un momento come questo marciare da soli sia pressoché impossibile.
Vale lo stesso anche per i distretti?
Vale soprattutto per i distretti. Non ha senso alimentare le discordie passate. Anche in questo caso vorrei che si venisse incontro alle esigenze reciproche. Tra Fermo e Macerata c’è sempre stato qualche attrito, ma mi sono già mossa per ricucire eventuali strappi passati.
Intende proseguire nel tentativo di portare Micam nel mondo?
Con tutta onestà, non fa parte dei miei primi obiettivi. Sono convinta che il Micam sia a Milano, e lì debba restare. Poi, certamente, l’impegno di partecipare agli eventi di settore fuori confine continuerà. Ma senza l’esigenza di esportare un nome che sta bene in Italia.
All’estero la battaglia è tutta incentrata sulla questione del Made In.
Esattamente. L’indicazione di etichettatura d’origine obbligatoria è uno degli obiettivi dichiarati della mia presidenza: bisogna, come si suol dire, ‘portarla a casa’, perché è un provvedimento indispensabile per le piccole-medie imprese italiane. A tal proposito ho già avuto degli incontri con gli europarlamentari per sensibilizzarli sulla questione, chiedendo loro un intervento deciso. Anche in questo caso, il mio è stato un appello caloroso e spontaneo, non di quelli fatti in ‘politichese’. Spero questo approccio aiuterà a raggiungere il nostro scopo.
Quali sono gli altri punti programmatici che ha intenzione di portare avanti durante il suo quadriennio di presidenza?
Tra le priorità in agenda c’è la defiscalizzazione degli investimenti per la formazione di manodopera per il settore. Molti non sanno che per fare una collezione si spende più di un milione di euro. Sarebbe bello poter essere aiutati con dei fondi europei a favore della ricerca e dell’innovazione.
Il tema dell’aiuto reciproco sembra essere un’istanza portante nei suoi discorsi.
Lo è, e non solo a parole. Per esempio, è in programma l’affitto o l’acquisto di uno spazio a Milano che possa fare da showroom aggregato per tutte le aziende che non si possono permettere un proprio spazio sotto la Madonnina. Lo metteremo a disposizione dei nostri associati durante la settimana della moda, Micam e tutte le occasioni più rilevanti per la moda italiana. Mi sembra una bella iniziativa con cui partire, non trova?
Di Caterina Zanzi