«Il 2009 sarà un anno duro. Però non è il momento di rallentare su certi investimenti. Vedo tanta gente tirare i remi in barca. Invece, in questo periodo di instabilità e incertezza, bisogna investire di più, dobbiamo raddoppiare la velocità di esecuzione, non cambiare strategia, ma essere semplici e flessibili», afferma l'amministratore delegato di Luxottica, Andrea Guerra.
La crisi tocca anche Luxottica?
Luxottica ha un dna forte e di crescita. E il 2008 per noi è ancora un anno positivo, nonostante la crisi in America, dove realizziamo tanto del nostro business, il cambio euro-dollaro contro di noi, e tanti mercati importanti in rallentamento. A dispetto di tutto questo, a fine anno cresceremo, soprattutto per via esterna, intorno al 5%, a cambi costanti sarebbe un risultato a doppia cifra. Il 2009 sarà un anno impegnativo, ma ne usciremo comunque da leader quali siamo.
Perché è così pessimista sul 2009?
«Sono realista. Penso che il consumatore in tante parti del mondo avrà meno voglia di spendere, entrerà un po' meno nei negozi, sarà più morigerato e consapevole. In questo momento stiamo assistendo a due forze parallele: da un lato un rallentamento strutturale dei consumi, che durerà almeno altri 6-9 mesi; dall'altro un periodo, più breve ma molto intenso, di incertezza e instabilità. La somma di queste due forze oggi fa immaginare un inizio del 2009 negativo».
Lei come si regola?
«Guardo ogni giorno il tasso interbancario, uno dei grandi indicatori per le aziende. Fino a quando le banche non torneranno a fare il loro mestiere, è impossibile vedere l'uscita dalla crisi. Il problema del credito riguarda tutti, imprese e consumatori. Stiamo cominciando a vedere un percorso lentissimo di inizio di assestamento, ma siamo ancora in un momento di mancanza di fiducia. Credo che debbano passare almeno 3-4 mesi».
Si riferisce agli Stati Uniti o all'Europa?
«Vale per entrambi. La stretta del credito è cominciata in America, ma oggi è ovunque».
Secondo lei che cosa servirebbe per ritrovare la fiducia e uscire dal tunnel?
«Dobbiamo spingere ancora di più le nostre aziende ad andare all'estero, a ragionare in un'ottica più internazionale. E si può fare in tre modi. Innanzitutto, visto che i grandi numeri puniscono il mercato italiano, dobbiamo essere presenti nel mondo. Le banche hanno un ruolo importante nell'accompagnare le imprese. Non dobbiamo scordare che le aziende italiane sono molto forti nell'Europa dell'Est anche grazie alla presenza di Unicredit. Secondo, non essendo il nostro un Paese che esporta in massa, dobbiamo crescere e radicarci all'estero costruendo un sistema economico che funziona. Più dei grandi accordi tra i governi, perciò le nostre imprese hanno bisogno di istituzioni all'estero efficienti. Infine, dobbiamo allevare cittadini del mondo. Il nostro sistema scolastico, le nostre università, le nostre stesse aziende devono formare cittadini del mondo. Ci si arriva con università moderne ed efficienti, ma anche con la volontà dello Stato di investire».
Estratto da Corriere della Sera del 10/11/08 a cura di Pambianconews