Per anni Luciano Benetton ha sostenuto le virtù del free trade e ha anche scommesso che fosse una forma di politica estera inclusiva. Oggi che la globalizzazione mette paura ai cittadini dei Paesi ricchi la pensa ancora così. «Il libero commercio delle merci è un contributo alla diffusione della democrazia, serve ad esportarla, cambia il modo di pensare dei governi e dei popoli dei Paesi in via di sviluppo. Ma anche con il commercio non bisogna comportarsi da invasori, il modello che abbiamo adottato è quello di una globalizzazione dolce. Nei Paesi dove siamo andati il nostro prodotto era considerato di moda e questo ci ha portato a incontrare le élite di mezzo mondo. Per loro il logo Benetton voleva dire “io sono globale” o comunque “penso globale”. Una bella soddisfazione».
Oggi in Italia imprenditori e operai temono che l'India e
L'idea di produrre in India deriva dalla difficoltà di produrre in Italia a costi competitivi. «Dobbiamo creare posti di lavoro più pregiati ed è giusto che perdiamo i posti di lavoro meno qualificati», spiega Benetton. «Qualcuno soffre di questi cambiamenti ma se fossimo capaci di avere più ricerca per prodotti più originali, da vendere a prezzi migliori, penso che questo made in Italy sarebbe apprezzato dai mercati ancora di più. Non ci si può opporre ai prodotti che costano meno anche se distruggono posti di lavoro fragili».
Estratto da Corriere della Sera del 12/05/08 a cura di Pambianconews