Nel 2005, in tutto il mondo il lusso ha corso più veloce della Borsa e i titoli che hanno brillato di più sono quelli italiani. Lo rivela una ricerca condotta da Pambianco Strategie di Impresa su un campione composto da 20 tra i principali titoli del comparto mondiale del lusso, con una capitalizzazione superiore ai 300 milioni di euro (e un valore complessivo, al 31 dicembre 2005, di oltre 111 miliardi).
In confronto ai principali indici di Borsa, i titoli del lusso sono cresciuti più del doppio: +37,9% rispetto a un +17,8 per cento. Se nel 2005 il Mib30 ha segnato +13,3%, il settore luxury goods made in Italy è cresciuto del 35,8 per cento. Un rapporto simile si individua tra gli andamenti delle principali piazze europee e della Borsa di New York in relazione alla performance media per Paese dei titoli del lusso: Parigi (Cac40) ha registrato un +23,2% mentre il comparto luxury ha segnato un +40,5%; Francoforte (Dax30) un +20% contro un +37% del settore; Zurigo (Smi) un +33,2% contro un +46,2%. Mentre, all'andamento negativo del Dow Jones (New York, -0,8%) corrisponde addirittura una crescita media del 30% del comparto lusso.
Difficile capire se il piccolo miracolo delle griffe si ripeterà con gli stessi multipli nel 2006. I primi tre mesi dell'anno evidenziano una crescita di settore (+6,5%) in linea con gli indici mondiali di Borsa (+7% il Morgan Stanley World). Ma in questo dato, che mostra un rallentamento rispetto a tutto il 2005, spiccano comunque i titoli italiani che hanno messo a segno la performance più aggressiva: in media (le media è aritmetica e non ponderata, ovvero non tiene conto della capitalizzazione di Borsa delle singole aziende) un più 14,6% da gennaio a marzo per Luxottica, Bulgari, Tod's, Valentino Fashion Group, It Holding e Mariella Burani. Mentre il resto d'Europa è salito decisamente meno: più 7,9% la Svizzera; più 3,9% la Germania; più 0,12% la Francia. Addirittura negativa l'America, dove il settore ha perso lo 0,9%.
Dal 2002 al 2005 tutti i titoli del lusso, eccetto Bulgari (meno 22,8%) e It Holding (meno 59,1%) hanno ampiamente recuperato le perdite subìte dopo l'11 settembre 2001. E alcuni gruppi, nel quinquennio 2000-2005, hanno registrato andamenti molto superiori alle aspettative: Coach (più 828,7%), Guess (più 570,4%), Fossil (più 234%), Polo Ralph Lauren (più 155,5%) e Mariella Burani (più 107,5%). In particolare, l'americana Guess, nel 2005, è cresciuta del 184% (è la prima nella classifica dell'anno di Pambianco), grazie alla capillare espansione della rete di negozi e all'acquisizione del business europeo dall'italiana Fingen. La seguono nell'ordine Mariella Burani (più 68,9%) e Tod's (più 64,6%) che hanno raccolto i frutti degli investimenti realizzati negli anni precedenti. Vengono poi, a pari merito, con un'ascesa superiore al 51%, Christian Dior e Richemont. Anche le griffe che avevano risentito di più degli attentati, tra il 2000 e il 2002, hanno vissuto, nei tre anni successivi, una brillante ripresa: Richemont aveva perso quasi il 17% per poi recuperare il 124%. Ancora meglio ha fatto Tommy Hilfiger che ha risvegliato gli appetiti dei private equity per essere acquisito da Apax Partners. Idem per Hugo Boss che potrebbe fare ancora meglio, se sul titolo non pesasse la ventilata integrazione con Valentino Fashion Group (meno 61,9% el 2000-2002; più 277,5% nel 2002-2005).
Estratto da Finanza&Mercati del 19/04/06 a cura di Pambianconews