Da oggi Pechino imporrà alle proprie aziende tessili un tetto alle esportazioni verso l'Unione europea su 10 categorie merceologiche. Maglieria, t-shirt, camicie da donna, pantaloni e così via: vale a dire i prodotti made in China che, dopo la scadenza dell'Accordo Multifibre a fine 2004, avevano invaso (a prezzi stracciati) i mercati del Vecchio continente.
Su questi prodotti, a metà giugno, Pechino e Bruxelles avevano raggiunto un accordo che aveva messo fine a un duro braccio di ferro tra Europa e Cina. In base all'intesa siglata tra il ministro del Commercio cinese, Bo Xilai, e il commissario al commercio europeo, Peter Mandelson, i cinesi si sono auto-imposti un tetto alle loro esportazioni di tessile-abbigliamento verso la Ue. Le quote che entreranno in vigore oggi serviranno proprio a implementare l'accordo Bo-Mandelson. Dopo aver fissato un limite all'export, infatti, serviva un sistema per controllare che i produttori cinesi rispettassero gli impegni presi dal loro Governo con la Ue. Così Pechino è stata costretta a rispolverare le vecchie “licenze all'esportazione”. O meglio, un sistema molto simile a quello vigente nel passato.
Ma la vera penalizzazione per le fabbriche tessili cinesi è un'altra: le nuove licenze export sono state calcolate a partire dal 1 ° gennaio 2005. Ciò significa che su certe categorie merceologiche particolarmente “sensibili” come le “famigerate” numero 4 (le t-shirt) e numero 5 (la maglieria) a oggi la quota è già stata esaurita. E su altri prodotti, come i pantaloni (300 milioni il tetto complessivo 2005), si esaurirà in brevissimo tempo. Quindi, teoricamente, da qui a fine anno le aziende cinesi non potranno più esportare neppure un pezzo. Salvo tornare alle “vecchie abitudini” vigenti ai tempi del Multifibre: triangolazioni di merci tra diversi Paesi, mercato nero e contrabbando.
Estratto da Il Sole 24 Ore del 19/07/05 a cura di Pambianconews