La Cina non fa marcia indietro. E a sostegno delle sue esportazioni tessili è pronta alla guerra commerciale con Europa e Stati Uniti. «Non tolleriamo pressioni e ci appelleremo contro qualsiasi tentativo protezionistico perché è contro le regole del Wto e perché è fondato su dati statistici provvisori e non scientifici».
L'atto iniziale di questo scontro è la rimozione dei dazi sull'export di 81 linee di produzione del settore abbigliamento e la revoca della decisione di quintuplicare da oggi le tasse su 74 categorie di prodotti in uscita.
La Cina mette tre principi a base della posizione che ha assunto. Primo: il rispetto delle norme che disciplinano gli scambi internazionali. «Norme che abbiamo accettato dopo 15 anni di trattative per entrare nel Wto e che ora altri intendono disattendere». Secondo: la tutela di un settore che occupa 90 milioni di lavoratori e che «offre un salario, sia pure minimo, ad altrettante famiglie del nostro Paese». Terzo: la risposta alla decisione di Europa e Stati Uniti di avviare unilateralmente il contenzioso nonostante «la Cina avesse deciso di autolimitarsi sin dal gennaio scorso imponendo tariffe fra il 2 e il 4% su ben 148 categorie di prodotti del tessile e dell'abbigliamento, comprese giacche e gonne».
La risposta del viceministro alle Attività produttive Adolfo Urso, atteso proprio oggi a Pechino, non si è fatta attendere: «Ci dispiace che la Cina perseveri nell'errore». Mentre il presidente di Confindustria, Luca Cordero di Montezemolo, ha ribadito che «la Cina non deve diventare una scusa, ma un problema da fronteggiare con serietà e determinazione a livello europeo».
Estratto da Corriere della Sera del 31/05/05 a cura di Pambianconews