Silenziosa, tra le griffe del lusso è partita la corsa alla registrazione del marchio notorio in Cina. Altre firme si muovono sulla scia della Ferrari, unico marchio del made in Italy ad aver incassato la chiara fama contrastando i tentativi di aziende cinesi di registrare il Cavallino rampante per altre classi di prodotto. La discrezione è d'obbligo, le regole sono cambiate, in avanscoperta vanno gli emissari degli studi legali: non si può chiedere il riconoscimento, bisogna intercettare i tentativi di utilizzo da parte di altri. Come ha fatto, con successo, la tedesca Hugo Boss, controllata da Marzotto.
C'è chi, di qualità ma più piccolo, gioca d'astuzia: Giò Ferrari, abbigliamento, ha stretto con Ferrari un patto tra gentiluomini: in Cina e poi a livello mondiale si è registrato con la grafia Gioferrari. Di recente le Corti cinesi hanno riconosciuto 14 marchi notori, di cui quattro stranieri. Per via amministrativa, a giugno 2004, è andato a 16 società non cinesi, tra cui Gillette, McDonald's, Walt Disney, Motorola, Du Pont, Wringley, American Standard, Tudor, Jaguar, Lancôme.
A novembre altri 62 arrivi, cinque stranieri: Daktarin della Johnson & Johnson, Philips and devise della Koninklijke Philips Electronics, Formula 1 di Formula One Licensing BV, Cartier della Cartier International e Tissot a T della Tissot. Ma ciò che il marchio non garantisce è la qualità: la “Feichang Cola” prodotta da Wahaha, colosso cinese dell'acqua in bottiglia, ai Cinesi pare che proprio non vada giù.
Estratto da Il Sole 24 Ore del 8/03/05 a cura di Pambianconews