Chi compra capi firmati, si «porta a casa un sogno», dicono gli studiosi del costume. Se questo è vero, allora due sogni all'anno, le collezioni primavera/estate e autunno/invemo, sono davvero pochi. E' per questo che gli stilisti si stanno attrezzando per dispensare sempre nuovi sogni ai propri affezionati. Ma c'è anche un'altra scuola di pensiero, forse più prosaica, secondo cui il fatto che anche le grandi maison si siano decise a creare più collezioni sia dovuto all'incalzare dei protagonisti della moda pronta. Alcuni di questi, nati come produttori agili e veloci che spesso copiavano i grandi maestri, si stanno trasformando, a loro volta, in creatori di nuove tendenze disegnate dai propri stilisti.
Come sempre, forse la verità sta nel mezzo. «Non farei distinzione tra stilisti e non, spiega Carlo Pambianco, grande esperto e attento osservatore dell'universo moda, attraverso la sua società Pambianco Strategie di Impresa. Per restare al passo, tutti si devono guardare allo specchio e correggere i loro punti di debolezza. I produttori del pronto moda, che non hanno una forte immagine, stanno lavorando su quella. Mentre i marchi forti si stanno dando un'impronta di maggiore velocità».
«La grande novità del modello italiano, racconta il presidente di Sistema moda Italia, Vittorio Giulini, è che molti imprenditori sono diventati stilisti. Tanto per citarne due: Zegna e Canali. E molti stilisti sono diventati imprenditori: Armani, Ferrè, Gucci, Mariella Burani, Versace. Che, come i loro cugini d'Oltralpe, Lvmh o Hermes, controllano imperi industriali, con stabilimenti, operai e bilanci da presentare a fine anno. E molti di loro, sono entrati nel mondo della finanza poiché si sono quotati in Borsa».
Estratto da Affari & Finanza del 3/02/03 a cura di Pambianconews