Quando il sindaco Michael Bloomberg gli ha chiesto di prolungare l'apertura del suo nuovo megastore in Union Square fino a mezzanotte, Renzo Rosso ha capito che la scommessa era vinta: aprire il più ambizioso dei punti vendita di abbigliamento della sua Diesel nel cuore di New York pochi giorni dopo l'11 settembre e ancor più puntare sul mercato americano in un anno in cui la sola svalutazione del dollaro ha reso i prodotti europei più cari del 25%, era uno degli azzardi creativi che hanno fatto la fama dell'imprenditore vicentino del casual. Un azzardo riuscito: nel 2002 la Diesel ha conseguito un +24% nel fatturato Usa, salito da 93 a 115 milioni di dollari. Ciò che rappresenta un quinto del giro d'affari complessivo, nonché il mercato più importante (l'Italia «pesa» per il 18%).
«Non alzo o abbasso i prezzi a seconda del cambio, osserva Rosso, piuttosto riduco i margini di profitto. Non ho l'ossessione dei numeri, cerco la creatività anche nelle decisioni strategiche. E più un'azienda è globale in acquisti e vendite, meno il cambio incide. Anzi, non esiste proprio». E adesso? Adesso il Nord-Est soffre, si arrabatta, sgomita, ma tiene. Al punto che pur nel saldo negativo dell'export nei primi nove mesi del 2002 (-2,6%, contro il -3,9% italiano), nel terzo trimestre ha registrato un +4%. E nello stesso periodo, verso l'America settentrionale, le imprese italiane Nord-orientali hanno fatto di gran lunga i risultati migliori: +11,5%, a fronte del +0,9% del Nord-Ovest e dei saldi negativi delle altre aree (-3,2% Centro, -13,7% Sud, -15,2% Isole).
Estratto da CorrierEconomia del 27/01/03 a cura di Pambianconews