Meno industria per la Fin.Part. Cessione di attività non strategiche, nuovi prodotti legati al marchio Cerruti e sinergie per razionalizzare la struttura produttiva. Gianluigi Facchini, presidente e maggiore azionista (29 per cento) della finanziaria della moda, fa sul serio e insiste con il piano industriale che porterà, alla fine del 2004, l'utile dopo un robusto lavoro di dimagrimento. D'altra parte per una società che al 30 giugno 2002 aveva accumulato 510 milioni di euro di debiti, emesso 300 milioni di bond per finanziare la crescita, e che in soli cinque anni ha comprato dieci marchi, un po' di dieta non può che fare bene.
La società di Facchini dovrebbe chiudere l'anno 2002 con ricavi consolidati per 485 milioni di euro, in netta crescita rispetto all'anno scorso. Ma con una perdita semestrale di 28,5 milioni. Tre le mosse decise da Facchini: aumento di capitale da 100 milioni di euro, cessione di attività non strategiche (i cui ricavi finora sono stati però inferiori agli obiettivi) e avvio di sinergie strettissime con un'altra società quotata, la Olcese, che con la Fin.Part ha in comune un socio di peso: i libici della Lafico (10%).
Tra le prossime cessioni Facchini conferma quella degli immobili non strumentali, «compreso un castello in Scozia che ci siamo trovati a dover gestire» e altri marchi della moda che usciranno dal perimetro della società seguendo le orme della Best Company e della Johnny Lambs. Al termine della galoppata risanatrice, la Fin.Part sarà la somma di tre aree di business: lo sportswear, con i marchi Moncler, Marina Yachting e Henry Cotton's; la biancheria di lusso per la casa, con la Frette; e il fashion con i marchi Cerruti, Maska e Boggi.
Estratto da Panorama del 17/01/03 a cura di Pambianconews