Su ogni sei abiti da uomo venduti ogni anno nel mondo uno è griffato Hugo Boss. L'azienda tedesca quotata a Francoforte e controllata al 50,36 per cento dal gruppo Marzotto è leader mondiale del segmento maschile del capo-spalla, con il 6,5 del mercato dei vestiti da uomo di qualità. Nel 2001 ha fatturato 1,094.7 miliardi di euro, con una redditività netta dell'11 per cento, in aumento rispetto ai 923.4 milioni di euro del 2000. E' il brand più globalizzato fra i marchi conosciuti. Dopo anni di crescita con percentuali a due cifre l'azienda tedesca ha appena lanciato un profit warning.
Nel nuovo quartier generale della Hugo Boss a Metzingen, Bruno Saelzer, appena nominato amministratore delegato della Hugo Boss al posto del carismatico Werner Baldessarini, parla delle sfide che l'azienda dovrà affrontare a breve.
Mi sembra di capire che il recente “profit warning” sia dovuto soprattutto al calo che c'è stato nel mercato americano..
«Esattamente. I nostri piani precedenti prevedevano negli Usa un fatturato per il 2002 di 107 milioni di euro. Siamo sotto di 15 milioni di euro a causa delle difficoltà sul mercato americano. Le perdite di Boss donna si aggirano sui 4 milioni di euro mentre il nostro core-business è cresciuto del 7 per cento. Sommando perdite e guadagni si arriva ai 12 milioni di euro in meno rispetto a ciò che avevamo preventivato. Pensiamo quindi di fatturare 95 milioni di euro nell'anno in corso. Il calo a cui stiamo assistendo negli Stati Uniti era già iniziato, però, nell'arco del 2001».
Come vanno le cose in Asia?
«La Cina si sta rivelando un mercato particolarmente interessante per noi. Quest'anno apriremo lì dai 10 ai 12 nuovi negozi Hugo Boss. Dopo il Giappone quello è ormai il nostro mercato più importante in Asia».
Che accadrà quest'anno all'abbigliamento da uomo?
«La Hugo Boss prevede una crescita del 3-4 per il 2002 dopo 6 anni di crescita a due cifre. Sarebbe già un grosso successo visto che quest'anno il mercato dell'abbigliamento maschile di alta gamma dovrebbe subire un calo notevole, nell'ordine del 4,5 per cento. Mentre in passato una parte del mondo poteva andare in crisi mentre un'altra cresceva, ora, per la prima volta, la crisi è davvero globale».