“Io sono Sabato”. Lo ripete più volte Sabato De Sarno dal palco dell’auditorium di Milano Unica, nel corso del suo talk ‘Innamorarsi della moda, ancora’, facendo trasparire come anche a un anno e due collezioni dalla nomina a direttore creativo di Gucci lui si senta ancora ‘solo Sabato’, un ragazzo fortemente innamorato della moda e non il direttore artistico di una delle più importati e profittevoli maison al mondo.
Intervistato dal vicedirettore dei magazine de La Repubblica Emanuele Farneti, e di fronte ad una platea principalmente composta da studenti di moda, il creativo si racconta, si emoziona e dispensa consigli e aneddoti, sviscerando un’esperienza ventennale all’interno del settore, iniziata da Prada come modellista, proseguita in Dolce&Gabbana (dove Domenico Dolce gli chiedeva di fare una maglieria “un pò più sexy”) e atterrata poi da Valentino, dove De Sarno ha lavorato per ben 14 anni al fianco del direttore creativo Pierpaolo Piccioli. Un curriculum – tiene a sottolineare dal palco lo stilista – “che a leggere solo i nomi sembra perfetto, ma che in realtà nasconde anche tante difficoltà e il pensiero di aver voluto lasciare il settore più di una volta”. A coronare il sogno più grande, quello di dirigere una casa di moda, è stato però il numero uno di Kering François-Henri Pinault (con il quale condivide la passione per l’arte, ndr) dopo un loro incontro e la presentazione di un progetto per il futuro del marchio, che – svela il designer – “comprendeva silhouette, una nuova estetica e chi avrei voluto includere a livello di talent”.
Ad aprire l’incontro è infatti l’anteprima di un cortometraggio che, con la voce narrante dell’attore irlandese e brand ambassador Paul Mescal, racconta le giornate che hanno preceduto il debutto di De Sarno in passerella, i retroscena (l’ansia dell’intero team per l’improvviso cambio location) e presenta alcuni dei volti che lavorano dietro le quinte. “Io credo moltissimo nel team. Appena sono arrivato in Gucci ho cercato di dare un’opportunità alle persone che erano già in azienda, persone giovani che avessero alle spalle percorsi diversi e che fossero davvero specializzate in qualcosa. Io da solo sono molto poco per un’azienda. Io sono Sabato”.
“Nei primi giorni sono partito dall’archivio e mi sono sentito come mia nipote a Disneyland – ironizza il designer -. Sono andato dritto alla Jackie (che nelle sue collezioni De Sarno ha rivisitato in versioni più da sera e con diversi nuovi colori, ndr) e, nonostante conoscessi già bene il brand, ho scoperto come Gucci sia stato un precursore sotto molti aspetti. E proprio per questo motivo sto lavorando con il mio team per aprire l’archivio al pubblico”.
Per fare tutto questo bisogna però sempre nutrire una forte passione e credere nel processo: “Era molto più forte la mia passione di quanto probabilmente non lo fosse il mio talento. Quando ho iniziato ero ‘l’assistente dell’assistente dell’assistente’ e desideravo di fare lo stilista. Bisogna insistere e fare sacrifici, perché poi quando arrivano le soddisfazioni sono più vere. Da ragazzino ammiravo molto Gianni Versace. Perché anche lui, come me, veniva dal sud e teneva moltissimo alla famiglia. In quegli anni viveva a Milano, faceva lo stilista, era un uomo omosessuale affiancato da un compagno, e per me rappresentava il sogno che avrei voluto vivere. Oggi sono libero anch’io e faccio quello che mi piace, anche a livello creativo. L’obiettivo più grande è avere persone che desiderano i miei pezzi, non mi interessa di chi mi ‘accusa’ di essere commerciale. Non vedo l’ora di incrociare per strada qualcuno che indossa una mia borsa o un mio cappotto”.
Rispetto al futuro del brand, e a come si immagina Gucci tra cinque anni, il creativo spiega che è troppo presto per dirlo, e che invece preferisce pensare al presente, lasciandosi trasportare dalle emozioni. “Voglio lasciarmi trasportare da quello che sento. Ho la fortuna di essere molto empatico e di riuscire ad emozionarmi spesso. Voglio usare Gucci per dire delle cose, parlare alle persone. Voglio ridare indietro questa grande opportunità che ho ricevuto e stare in mezzo alla gente”.