Il cammino verso l’Ipo di Shein continua ad essere più che mai accidentato. Secondo l’agenzia Bloomberg, che ha pubblicato ieri gli ultimi rumors di stampa, gli investitori stanno cercando di vendere le loro azioni in operazioni di mercato privato con una valutazione non superiore ai 45 miliardi di dollari (pari a 41 miliardi di euro al cambio di oggi), ovvero il 30% in meno rispetto al valore di un mese fa.
Citando persone che hanno familiarità con la questione, Bloomberg riferisce che i soci avrebbero offerto le loro azioni in base ad una valutazione di Shein compresa tra i 45 e i 55 miliardi di dollari. A maggio, durante un round di investimenti, il gigante dell’ultra low cost era stato valutato 66 miliardi di dollari. Si tratta quindi di valori sensibilmente in calo e su cui pesano le crescenti difficoltà che sta affrontando Shein.
Proprio pochi giorni fa, secondo il Wall Street Journal, la Cyberspace Administration of China (CAC) ha avviato un’indagine su come Shein archivia e utilizza le informazioni in suo possesso sui partner in Cina. Ciò fa seguito alla denuncia di Shein alla China Securities Regulatory Commission, un organismo che regola le dichiarazioni delle società cinesi all’estero. Nonostante non venda in Cina, l’azienda è stata fondata nel Paese e in un secondo momento, per slegarsi dall’influenza cinse, ha spostato la propria sede a Singapore. Anche Washington ha lasciato trasparire preoccupazioni su come Shein gestisce i dati dei clienti. Inoltre, i legislatori statunitensi hanno accusato l’azienda e i suoi fornitori terzi di utilizzare il lavoro forzato. E la società si sta anche destreggiando tra molteplici cause legali da parte dei rivali per presunta violazione del diritto d’autore e pratiche anticoncorrenziali.
Secondo la testata di informazione finanziaria Barron’s, sebbene i regolatori cinesi non siano in grado di fermare direttamente un’Ipo, all’estero, scontrarsi con Pechino è altamente sconsigliato. Nel 2021, la società cinese DiDi ha concluso la quotazione negli Stati Uniti nonostante le autorità cinesi le avessero chiesto di ritardare l’accordo. Alcuni giorni dopo l’inserimento nell’elenco, Pechino ha avviato un’indagine sulle pratiche relative ai dati di Didi, impedendole di accettare nuovi utenti e mettendo offline alcune delle sue app. Le azioni di Didi crollarono e la società fu cancellata dalla Borsa di New York in meno di un anno.