Nell’ultimo periodo il colosso del lusso francese Kering ha comunicato di nutrire non poco interesse nei materiali alternativi e bio-based, impegnandosi con cospicui investimenti in sinergia con aziende del settore. L’ultima operazione in ordine di tempo è stata quella con la società giapponese specializzata nella produzione e nello sviluppo di biomateriali tessili Spiber. In occasione della prossima edizione di Pitti Filati, in programma dal 24 al 26 gennaio a Firenze, Kering insieme al brand Eileen Fisher Inc. ed altri, annuncerà i dettagli di una solida alleanza con Spiber per creare una soluzione globale di circolarità per trasformare i tessuti a fine vita e i rifiuti agricoli in nuovi materiali. Spiber ha infatti creato un programma che invita i player del settore ad aderire al progetto per implementare le tecnologie, le infrastrutture e le politiche necessarie a realizzare la visione di un ecosistema circolare di materiali industriali biobased, biodegradabili e utilizzati come nutrienti al termine del loro utilizzo. Nel dicembre 2023 Spiber ha pubblicato una sintesi del progetto, che include i Product Design Principles che delineano i concetti di base del design circolare dei prodotti, fornendo all’industria concetti da prendere in considerazione quando si progettano prodotti tessili e di abbigliamento.
La notizia è rilevante soprattutto se si considera il particolare momento in cui la diffusione dei materiali next-gen, ovvero quelli che includono pelli vegane o di origine vegetale e tutte le alternative non plastiche a poliestere e viscosa, sta decisamente compiendo un’inversione di marcia. Ma secondo un recente articolo pubblicato su Business of fashion, si tratta di evoluzioni che si inquadrano in un nervosismo del mercato legato al fatto che i “nuovi materiali stanno iniziando a raggiungere la scala industriale ma non mostrano ancora una reale trazione sul mercato. La sfida per il prossimo anno è vedere se le start-up riusciranno a dimostrare di riusciranno effettivamente ad attuare piani di espansione”.
Ha iniziato diffondersi circa dieci anni fa l’idea di un futuro sempre più sostenibile nella moda così come nella cosmetica grazie a nuovi materiali alternativi, di origine naturale. Ma a distanza di una decade, quello che sembrava un punto di svolta per molti settori (si pensi alle pelli di origine vegana realizzate con i funghi o a ingredienti di bellezza bioingegnerizzati) e che ha attirato nel tempo l’interesse di nuove start-up dedicate, investitori, processi sperimentali e molti investimenti (dal 2015 circa 2,3 miliardi di dollari globalmente) sembra invece rivelarsi oggi un fuoco di paglia. Nonostante la maturità che stanno raggiungendo alcuni procedimenti e l’uso di molti elementi naturali nei processi di creazione, le sfide per raggiungere gli obiettivi auspicati richiedono tempi lunghi, risultati precari, un dispendio economico importante e conseguentemente, la perdita di interesse in molte aziende, investitori e nei consumatori stessi.
Nonostante siano molte le maison e i gruppi di moda che hanno da subito sposato la causa impegnandosi ad introdurre nelle proprie collezioni materiali alternativi ed etici, da Adidas, a Stella McCartney, Lululemon, molti dello stesso gruppo Kering ed Hermès, i primi a dare rapporto di una situazione sempre più svantaggiosa sono stati proprio gli esperti del gruppo dedicato Material Innovation Initiative. Nel 2023 il think tank ha infatti denunciato un netto calo degli investimenti nel comparto dei materiali next-gen e il fallimento decisivo di uno di questi chiamato Mylo, generato a partire dal micelio, l’apparato vegetativo dei funghi, che è stato oggetto di vari esperimenti per marchi come Stella McCartney, Hermès e Adidas. Questo ha contribuito a dare prova di uno stato ancora controverso delle nuove frontiere vegetali della pelle, osteggiate anche dai player che della pelle animale difendono gli interessi.
È di difficile comprensione anche il livello di penetrabilità nei consumatori, che probabilmente non sono pronti ad investire cifre talvolta cospicue in prodotti realizzati con materiali bio-based, sebbene innovativi e tecnologicamente sofisticati, ostacolando perciò la possibilità di tali articoli di divenire mainstream.
Tuttavia, alcuni gruppi forti di una disponibilità economica di investimento importante, continuano a credere nel progetto, ad investire e a cercare nuovi alleati con cui creare sinergie vincenti. È questo il caso del fondo americano Carlyle che ha investito in Spiber, la società giapponese specializzata nella produzione e nello sviluppo di biomateriali tessili che nel 2021 aveva raccolto 263,5 milioni di euro, di cui il 71% proviene direttamente da Carlyle, con i quali ha rafforzato le proprie infrastrutture e potenziato il team. Il materiale più innovativo brevettato da Spiber, che ha già collaborato con nomi come The North Face, si chiama Brewed Protein ed è una soluzione proteica sintetica a base biologica, biodegradabile e animal free, pensata per rappresentare un sostituto di cashmere, lana, pelliccia, pelle, seta e altri materiali di origine animale con importanti benefici per la salvaguardia dell’ecosistema.
Anche il colosso del lusso francese Kering, come annunciato – attraverso la propria società di venture capital Kering Ventures – ha proprio in questi giorni diffuso la notizia di aver preso parte a un round di finanziamenti per sostenere l’espansione dell’italiana Mogu, azienda nota anche come Sqim, specializzata in materiali basati sul micelio fungino, l’apparato vegetativo dei funghi. L’investimento complessivo, che guidato da CDP Venture Capital e co-guidato da European Circular Bioeconomy Fund, è stato di 11 milioni di euro e servirà principalmente a finanziare la crescita delle tecnologie dell’azienda, tra ricerca e sviluppo, e dei suoi due brand: Ephea e Mogu. La somma precisa messa sul piatto dal gruppo d’Oltralpe non è stata resa nota.
A questa operazione si affianca l’alleanza con la sopracitata Spider. “Per realizzare un’industria tessile più circolare, sono necessari diversi approcci a vari livelli, nonché la convalida e la diffusione di diverse soluzioni. Il progetto Biosphere Circulation è un’iniziativa ambiziosa ed entusiasmante, che apre un nuovo modo di riciclare i tessuti”, ha detto Christian Tubito, Direttore del Laboratorio Innovazione Materiali di Kering.
Tuttavia, la questione è che molti marchi, semplicemente, non saranno mai disposti a rinunciare definitivamente alle pelli e, al momento, questo rappresenta l’elemento che rischia di agire come una zavorra su tutto il settore dei biomateriali.