Potenziamento delle competenze, difesa dei marchi, delle fiere, politiche a sostegno della formazione, consolidamento dell’export, misure anti-contraffazione fino all’introduzione di un Fondo sovrano che investirà sulle imprese e sulle filiere del made in Italy. Sono i pilastri della strategia del Governo per il sostegno e la valorizzazione delle eccellenze italiane sul fronte della moda. Adolfo Urso, ministro del dicastero delle Imprese e del Made in Italy (Mimit) racconta a Pambianco Magazine quali sono i temi caldi su cui le istituzioni si sono impegnate “fin da subito”, sia predisponendo una legge quadro ad hoc, sia facendo ripartire il Tavolo della moda.
Tra le prime iniziative del suo dicastero c’è la legge quadro sul made in Italy, definita “un punto di svolta per il Paese” e che è stata approvata nel Consiglio dei ministri di fine maggio. Può spiegarci nel dettaglio qual è il motivo che ha spinto il ministero ad intervenire e quali sono i punti fondamentali di questo documento?
L’industria italiana del tessile-abbigliamento-moda è una delle principali filiere del made in Italy in grado di rappresentare l’Italia in maniera globale. Con le sue 64 mila imprese genera 100 miliardi di fatturato, il settore contribuisce al saldo della bilancia commerciale italiana per circa 25 miliardi di euro trovando nell’export il suo punto di forza, con una quota di mercato mondiale del 5,3 per cento. Consapevoli di questo, ci siamo mossi subito dedicando un Tavolo al settore così da coinvolgere tutti gli attori e definire una politica di sostegno alla filiera. Parallelamente, con il disegno di legge per la valorizzazione, promozione e tutela del made in Italy, collegato alla legge di bilancio, abbiamo voluto dare strumenti utili agli operatori: potenziamento delle competenze, difesa dei marchi, fiere e molto altro fino all’introduzione di un Fondo sovrano che investirà sulle imprese e sulle filiere del made in Italy per rendere il sistema più competitivo soprattutto in ambito digitale ed ecologico.
Sempre sul capitolo moda, quali sono le aree di intervento che state studiando? Al momento quello che emerge è il gap della preparazione professionale dedicato alla moda, ambito che viene ‘coperto’ da interventi ‘privati’. Quali sono le misure allo studio del governo per rafforzare il sistema produttivo italiano?
Il Governo è consapevole che l’istruzione e le competenze sono uno strumento essenziale per rispondere alla domanda delle imprese spesso impossibilitate a trovare le figure chiave necessarie alle loro attività. Nel settore mancano almeno 40mila addetti che l’offerta non riesce a fornire perché carente delle competenze richieste a quei profili altamente specializzati. Occorre strutturare meglio l’offerta formativa a tutti i livelli, a partire dalla scuola secondaria fino ad arrivare alla formazione superiore. Il progetto è ampio e ambizioso: vogliamo introdurre il liceo del made in Italy, rafforzare gli ITS, favorire le Accademie e le Scuole dei mestieri.
Da un lato occorre incentivare l’introduzione di tecnologie digitali indispensabili al settore (CAD, modellazione 3D, ecc.), dall’altro valorizzare il trasferimento intergenerazionale del sapere basato su una staffetta tra popolazione formata ma in uscita dal mercato del lavoro e le nuove leve. Modelli basati sull’economia circolare possono essere disegnati anche in questo ambito, non solo sull’uso dei materiali, su cui comunque la nostra moda è all’avanguardia.
Sulla formazione si è parlato di un liceo del made in Italy. Si tratta di una tipologia formativa ex novo?
Il nuovo liceo è un tassello fondamentale di una più organica strategia di consolidamento dei percorsi formativi incentrati per sostenere tutti quei settori che sono ambasciatori dell’Italia nel mondo. Dobbiamo lavorare affinché tanti mestieri che rendono unico il nostro made in Italy siano codificati e riconosciuti, andando oltre tanti pregiudizi culturali e vecchi retaggi: vogliamo valorizzare il saper fare, il tratto distintivo non replicabile in un’anonima fabbrica dell’estremo oriente.
Uno dei problemi principali resta quello del costo del lavoro in un momento chiave per la riallocazione in Italia di alcune fasi produttive della moda. Il reshoring è un’opportunità per il made in Italy?
Nella situazione economica post-Covid, in una fase in cui si stanno ridefinendo le catene produttive a livello mondiale, risulta essenziale rafforzare le misure di attrazione per le imprese che vogliono investire in Italia, sicuri che il nostro know how non è replicabile. Il made in Italy non è solo ciò che è fatto in Italia, ma la contiene: la storia, la tradizione, la bellezza e il modo di vivere. A sostegno di chi vuole svolgere attività di impresa nel nostro Paese abbiamo introdotto uno sportello unico dedicato gli investitori stranieri che avranno un punto di riferimento fisico dedicato a facilitare, indirizzare e sburocratizzare le procedure per attrarre gli investimenti in Italia. All’interno della legge quadro sul made in Italy daremo anche il via al Fondo sovrano così da rendere più competitivo il tessuto produttivo. Inoltre, per abbattere i colli di bottiglia burocratici il Mimit in caso di inerzia delle amministrazioni centrali nei procedimenti legati a investimenti rilevanti per il sistema produttivo nazionale, per almeno 25 milioni di euro e aventi ricadute occupazionali significative, può esercitare un potere sostitutivo; parimenti questo potere può essere evocato nei casi di investimenti di oltre 400 milioni di euro relativi ai settori di rilevanza strategica. Allora, più che pensare al reshoring, credo che oggi sia importante rendere l’Italia oggi attrattiva per tutte le imprese che hanno voglia di lavorare con noi, non solo per coloro che un giorno avevano lasciato il Belpaese e oggi sono pentiti.
Il Tavolo della moda ha confermato il ruolo chiave dell’export. Quali sono le misure a sostegno delle esportazioni attualmente allo studio?
Il settore fieristico nazionale costituisce un fattore cruciale per la conoscenza e la diffusione dell’eccellenza del made in Italy e il DDL made in Italy ha riproposto finanziamenti a sostegno per queste attività. Valuteremo con attenzione le ulteriori proposte che emergeranno durante i lavori del tavolo della Moda. Occorre offrire una narrazione della qualità, della tradizione e della cultura italiana di cui l’Industria nazionale del fashion è espressione attraverso i beni prodotti e i servizi offerti.
È già previsto un nuovo appuntamento del Tavolo della moda?
Al termine dell’esame delle proposte presentate dagli stakeholder convocheremo un’altra volta il Tavolo.
Come si sta muovendo il governo sul fronte anti-contraffazione?
Il settore moda è quello più colpito dal business della contraffazione: dall’ultimo rapporto di Guardia di Finanza e Agenzia delle Dogane emerge che hanno effettuato oltre 4.600 sequestri di abbigliamento, sottraendo al mercato del falso oltre tre milioni di articoli e oltre 3.300 sequestri di accessori, confiscando oltre un milione e 100 mila pezzi. Questa è un’emorragia che deve essere fermata: oltre alle misure in vigore, occorre potenziare la competenza degli uffici inquirenti e velocizzare le procedure anche di distruzione dei sequestri. Parallelamente occorre facilitare l’adozione delle nuove tecnologie per la tutela dei marchi, come la blockchain, affinché le imprese possano certificare e i consumatori acquistare la qualità.