Il Gruppo Campomaggi investe oltreoceano. L’azienda romagnola specializzata in pelletteria made in Italy cui fanno capo i marchi Campomaggi e Caterina Lucchi ha chiuso il fiscal year 2022 a quota 24 milioni di euro, in crescita dell’8% rispetto all’esercizio precedente. Marco Campomaggi, fondatore della società, prevedere un giro d’affari in aumento tra il 6 e l’8% per il 2023 grazie anche alla spinta del mercato americano. L’e-commerce rappresenta il 14% delle vendite.
“Quest’anno è un po’ diverso perché l’inflazione ha rallentato i consumi ma, allo stesso tempo, si sta delineando una netta crescita negli Usa per quanto riguarda il brand Campomaggi rispetto ad altre aree come il nord Europa, dove storicamente abbiamo sempre avuto buoni risultati”, dichiara a Pambianconews il founder. A testimonianza di ciò l’azienda sta investendo sull’omonimo brand potenziando il canale e-commerce di cui è diventato il Paese principale.
“Non è semplice fare breccia oltreoceano ma i segnali che arrivano ci spingono a pensare che abbiamo le prerogative per giocare la nostra partita. Lo shopping online è aumentato del 70% tra il 2021 e il 2022 superando anche quello tedesco e italiano. Quando il pubblico inizia ad apprezzare il prodotto senza che ci sia stata una spinta in termini di comunicazione significa che occorre investire. Per ora nell’area siamo presenti in 65 negozi, soprattutto nell’area occidentale perché la nostra agente ha uno showroom a Los Angeles”, specifica Campomaggi.
Attualmente il marchio è presente in 700 store worldwide, non sono presenti store monomarca ma alcuni corner in department store strategici. Il mercato italiano pesa per il 18 per cento.
Marco Campomaggi è a capo anche di Gabs Srl che dà mandato di licenza al Gruppo Campomaggi per il brand Gabs, acquistato nel 2016 dopo esserne stato a lungo licenziatario. “Gabs nasce 20 anni fa con uno spirito molto diverso dagli altri player, il punto fermo è la trasformabilità grazie a clip e bottoni. Le borse sono all’insegna del colore e dell’ironia, il mercato interno copre il 75% delle vendite. All’esetro abbiamo qualche store in Giappone ma il wholesale è il canale principale”, spiega Campomaggi. Caterina Lucchi invece parte da un monoprodotto femminile che viene tinto in capo ed è pensato per i negozi di abbigliamento più che per gli specialisti. L’Italia ricopre un ruolo importante rappresentando metà del fatturato.
“Dopo la pandemia abbiamo intrapreso ristrutturazione a 360° per la filiera produttiva e commerciale, nonché della comunicazione. La pandemia ha accelerato dei cambiamenti che erano già in atto. La nostra azienda deve puntare su un fatturato di qualità che non si traduce solo in borse più belle ma di qualità distributiva, buona comunicazione e sostenibilità”, specifica Campomaggi.
Dopo il Covid l’azienda ha anche scelto di non prendere più parte alle fiere di settore: “Abbiamo lavorato moltissimo per avvicinarci ai nostri clienti storici, sia i negozianti che gli acquirenti finali. Siamo convinti che in questo momento il lavoro più importante è relazionarci col pubblico per raccontare meglio la nostra storia. Penso che le fiere siano più strategiche per le aziende devono emergere”.
Marco Campomaggi ha iniziato a produrre borse di cuoio nel 1985 vendendole fuori dal liceo e lungo le strade di Cesenatico, ha continuato durante gli anni dell’università fino all’incontro con sua moglie, Caterina Lucchi, direttrice creativa dell’omonimo brand e sua partner nella vita da 45 anni. La figlia Sofia è già entrata all’interno dell’ufficio stile, il secondogenito potrebbe fare altrettanto.
Le borse di Campomaggi sono realizzate esclusivamente in vacchetta a concia vegetale senza cromo, il brand è quindi pienamente sostenibile. Le borse di tutti i marchi sono prodotte da laboratori che distano al massimo cento kilometri dalla sede.
“Con l’esperienza ho capito che l’imprenditore deve tenere in piedi l’azienda attraverso prodotti identitari. Non meno importante è motivare i propri dipendenti, essere attenti al territorio partendo dalle persone che stanno nell’azienda. Ecco perché ho inserito all’interno della nostra sede nella campagna di Cesena un pollario, chiamato ‘Pensiero felice’, grazie al quale distribuiamo le uova ai dipendenti e creiamo un momento di aggregazione nelle pause. In futuro avremo anche le api per il miele, ho inoltre piantato cento piante da frutto per creare una sorta di community. Essere imprenditore significa voler bene a tutto quello che ci circonda”, conclude Campomaggi.
