Non c’è stata alcuna elusione fiscale. Il tribunale di Padova ha assolto con formula piena tutto il management del marchio veneto di borse O Bag, accusato di una presunta deduzione per 16 milioni di euro.
Il brand che inventato il concetto delle coloratissime borse componibili e personalizzabili, fondato da Michele Zanella, ingegnere padovano di 50 anni, era finito nel mirino della Guardia di Finanza. Secondo le indagini dei finanzieri, O Bag aveva dedotto costi per royalties non dovute da società del Regno Unito, in un meccanismo di presunta esterovestizione, per un importo di oltre 16 milioni di euro tra il 2012 e il 2016, ma il giudice ha concluso che il fatto non sussiste.
Tutti gli accusati hanno optato per il rito abbreviato, dunque senza dibattimento, con sentenza di fronte al giudice per l’udienza preliminare. Un approccio che avrebbe determinato un eventuale sconto di un terzo della pena. Alla fine però anche la Procura ha chiesto l’assoluzione, persuasa dalla perizia commissionata dallo stesso pubblico ministero.
“Il controllo della Guardia di Finanza in azienda è durato da gennaio 2016 a marzo 2017. L’interpretazione dei finanzieri era che fatturassimo ingenti somme verso società estere inesistenti. Invece noi disponevamo di organizzazioni in Inghilterra perché avevamo un socio inglese. Uno showroom, vari dipendenti e tutta l’attività estera erano basati nel Regno Unito”, racconta a Pambianconews Michele Zanella. “Dopo il controllo ho presentato ben 8 memorie di dichiarazioni spontanee nelle quali ho prodotto i nostri bilanci inglesi, da cui risultavano milioni di euro di tasse pagate in UK, perché il nostro era, ed è tutt’ora, un progetto di respiro internazionale”.
Il fondatore del brand tiene a ricordare come “in ogni grado di giudizio è sempre stata riconosciuta la nostra buona fede, dal tribunale del riesame fino allo stesso organo di controllo dell’agenzia delle entrate, dalla quale non siamo mai stati sanzionati perché si era già accorta che la tesi dell’accusa non reggeva, fino al giudice a cui abbiamo chiesto il rito abbreviato”.
L’imputazione da parte della procura aveva interessato Michele Zanella, gli altri manager padovani Arnaldo Quaglia (attuale amministratore del marchio padovano) e Simone Dalla Libera, e i fratelli brindisini Antonio e Alessandro Errico. Nel marzo del 2021, “senza avere il capo di imputazione formulato, ma solo un verbale di accertamento della GdF”, sottolinea il founder di O Bag, agli indagati erano stati sequestrati beni e conti correnti per complessivi 4 milioni di euro, ma il tribunale del riesame, che ha accolto la tesi degli avvocati difensori, glieli ha restituiti “dopo soli 15 giorni dal sequestro, perché le carte parlavano da sole”, spiega Michele Zanella.
“Si è trattato di una vera gogna mediatica”, aggiunge il dirigente. “Del resto, l’accusa era frode fiscale, quindi era molto pesante, ed è chiaro che sono stati sei anni di tensione, sofferenza psicologica interiore”, si sfoga l’imprenditore, sottolineando che in questo periodo “vari clienti si sono rifiutati di fare ordini o di aprire dei negozi con noi. Mediaticamente, per la nostra immagine è stato un colpo durissimo, ma lo sarebbe per qualsiasi azienda”.
Circa 250 monomarca diretti e 500 multibrand in oltre 50 nazioni distribuiscono attualmente O Bag, che la prossima settimana aprirà uno store con un partner in centro storico a Verona e ha ancora nell’Italia il primo mercato, col 60% del volume d’affari, mentre Spagna, Polonia, Austria e Ucraina sono gli sbocchi esteri principali.
“Ora però possiamo ripartire in pieno, e abbiamo tanti progetti in serbo, in particolare un’evoluzione tecnologica per la prossima primavera-estate”, si rallegra Zanella, secondo il quale in questi anni difficili è stata “la serenità data dalle famiglie, dai colleghi, e dall’entusiasmo del nostro gruppo di lavoro” a far sì che O Bag superasse questa tempesta.