La moda tricolore chiede il sostegno delle istituzioni per i suoi addetti. Con questo obiettivo, Smi–Sistema moda Italia e Cnmi–Camera nazionale della moda italiana hanno inviato una lettera congiunta al ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Andrea Orlando, contenente una proposta d’urgenza per agevolare le imprese del settore tessile abbigliamento moda che intendono contribuire a ridurre la perdita del potere d’acquisto dei salari dei propri dipendenti a causa dell’inflazione in atto.
Pertanto, per affrontare in modo concreto tale situazione, le associazioni presiedute rispettivamente da Sergio Tamborini e Carlo Capasa hanno chiesto al Governo di mettere a disposizione delle aziende del settore tessile abbigliamento moda una nuova possibilità, cioè di poter erogare volontariamente ai propri lavoratori, per il periodo fino a tutto il mese di dicembre 2023, un bonus che possa arrivare fino a 100 euro mensili (aggiuntivi rispetto alla retribuzione attuale) esenti dal reddito imponibile contributivo e fiscale. Questa misura, considerato il suo carattere emergenziale, potrebbe essere limitata ai lavoratori con redditi medio-bassi (ad esempio fino a 35mila euro lordi annuo).
“Trattandosi di un bonus aggiuntivo rispetto ai redditi ordinari – si legge nella proposta – non ne deriverebbe alcuna conseguenza sul gettito fiscale, né su quello contributivo. Allo stesso tempo, si avrebbe un esborso significativo da parte delle imprese che arriverebbe nella sua totalità, senza alcuna trattenuta, direttamente nelle buste paga dei lavoratori. Questa operazione, dal carattere meramente straordinario, non fa altro che evidenziare l’importanza delle iniziative istituzionali in favore della riduzione del cuneo fiscale, già intraprese e condivise da tutti gli attori”.
Come ricordano le due organizzazioni, Il rinnovo del Contratto Nazionale di settore, firmato nel 2021 con i sindacati nazionali di categoria, ha previsto incrementi retributivi commisurati a livelli di inflazione molto bassi (circa 4,5% in 3 anni), a fronte di un’inflazione che attualmente supera l’8% in un solo anno. Le previsioni indicano, inoltre, il perdurare del dato inflattivo su livelli molto alti nel medio periodo a causa del quadro economico e geopolitico. “In questa contingenza – sottolineano Smi e Cnmi – è evidente il rischio di una pesante perdita del potere d’acquisto dei salari dei dipendenti del settore, soprattutto dei lavoratori dei livelli contrattuali medio-bassi. E tale fenomeno, se non adeguatamente affrontato con misure concrete ed efficaci, potrebbe comportare una crescente disaffezione dei lavoratori verso le imprese ed una ulteriore difficoltà di tutto il settore nell’attrarre nuove risorse giovani e nuovi talenti qualificati”.
Ad ogni modo, Tamborini e Capasa hanno offerto al Ministro la disponibilità ad un incontro per discutere ed approfondire la proposta. Si ricorda inoltre che Cnmi si è esposta più volte con le istituzioni; lo scorso novembre ad esempio, quando il presidente avanzò cinque proposte da inserire nella legge di bilancio per tornare a essere forti sui mercati internazionali a partire dal 2022, inviando una lettera al Governo, alla Commissione bilancio del Senato e ai Capogruppo. “Sono proposte per sostenere le aziende e i lavoratori del settore della moda – aveva dichiarato – migliaia di piccole imprese distribuite su tutto il territorio nazionale, ma anche laboratori artigianali, veri fiori all’occhiello dell’industria italiana che, con orgoglio, accentuano ogni giorno il nome del made in Italy nel mondo”. Oppure ancora a febbraio, quando Capasa si appellò al Governo affermando: “Servono ancora misure di sostegno per recuperare le perdite causate dalla pandemia. Energia elettrica, ma non solo il settore ha visto i costi della logistica toccare il +300%, ecco perché servono ancora provvedimenti che aiutino a calmierare e ristorare questi aumenti”. In quell’occasione, la Camera nazionale della moda chiese apertamente iniziative di supporto agli affitti e al mantenimento delle norme sulle rimanenze di magazzino che prevedono un credito d’imposta proporzionale alle rimanenze del non venduto. “