Alla fine degli anni Novanta emerse che il valore complessivo del made in Italy aveva superato quello del made in France. La notizia fece il giro del mondo. Riempì d’orgoglio il sistema della Moda Italiana, lasciando non poco stupiti i cugini del lusso d’Oltralpe. Questo riequilibrio di valori, negli anni successivi, fu compreso, studiato e assimilato dal Sistema. Ma, quella volta, la notizia che era stata diffusa in un Summit Pambianco, fece il giro del mondo.
Quella notizia è un simbolo di ciò che Carlo Pambianco ha lasciato al made in Italy: la cultura dei numeri. Che è qualcosa che va ben oltre la capacità algebrica. È un’impostazione che richiede metodo logico, capacità di individuare i perimetri di osservazione, intuizione nei criteri di confronto, un grande amore dell’analisi e della misurazione dei dati, e soprattutto la massima indipendenza e oggettività.
In quei tempi, individuare come elemento cardine di un’impresa i suoi risultati in termini di ricavi e, soprattutto, in termini di marginalità, non apparteneva alla cultura del settore. Infatti, ancora per tutti gli anni 90, nessuna delle grandi aziende della moda italiana menzionava (né tantomeno diffondeva) il proprio ebitda. Questo acronimo (Earnings Before Interest, Taxes, Depreciation and Amortization) risultava una formula misteriosa, che era meglio lasciare nel cassetto, affidandosi ad altre formule di comunicazione più colorate e superficiali.
Da qui la visione che aveva portato Carlo Pambianco alla creazione della prima società di consulenza della moda italiana: parlare di numeri e strategie a tutti gli imprenditori, a cominciare, e qui stava la novità, dalle PMI. Anche grazie a quelle sue lezioni sull’ebitda, il made in Italy è divenuto un settore ad alta cultura imprenditoriale. Oggi, la nostra azienda ha proseguito il percorso di visione avviato dal suo fondatore. È andata oltre la consulenza, rafforzando ulteriormente il proprio ruolo di benchmark del made in Italy, grazie a una piattaforma composita di media tradizionali e nuovi canali digitali. Ma, alla base, rimane il messaggio di Carlo Pambianco: solo un’attenta e rigorosa analisi dei numeri porta a capire fino in fondo un’azienda o un settore.
La 102° edizione di Pitti Uomo è l’occasione migliore per ricordarlo. Carlo Pambianco era infatti particolarmente legato a questa manifestazione, che ha frequentato ininterrottamente, per quasi 50 anni, dalla prima edizione del lontano 1972. Adesso, mentre la moda, è riuscita a lasciarsi alle spalle l’ennesima crisi, ci aspettiamo che da Pitti arrivino segnali forti di ottimismo e innovazione. Segnali che sapremo cogliere, analizzare e riportare alla forza dei numeri. Come abbiamo fatto negli anni, dal lontano 1977. E come proseguiremo negli anni a venire.