L’Ipo più attesa del 2021 nella moda italiana è stata quella di Zegna, nome di punta di un certo made in Italy, non solo nel prodotto, ma anche nella sua storia e per la sua filiera integrata. Il suo brillante debutto sul Nyse di New York, listino scelto anche per questioni commerciali, è avvenuto poco prima di Natale. I numeri hanno confermato che si è trattato di un’operazione degna di nota, non solo perché Zegna è di fatto uno dei gruppi di matrice italiana ma di vocazione internazionale da oltre un miliardo di euro di fatturato, ma anche per la valutazione della società pre-Ipo, ovvero 3,2 miliardi di dollari.
L’esempio di Zegna è significativo perché si tratta dell’unico nome di una certa rilevanza ad aver scelto, dopo tanto tempo, la strada della quotazione. Ma, come si suol dire, una rondine non fa primavera. Così, il caso di Zegna fa emergere, al contrario, l’apatia della moda italiana verso la quotazione, per intraprendere un nuovo percorso di sviluppo. Scorrendo i nomi dei principali gruppi del fashion tricolore, colossi che portano la bandiera del made in Italy nel mondo, non c’è in vista nessuno sbarco sul mercato azionario.
L’unico nome che si è ufficialmente espresso in questo senso, mettendo nero su bianco anche una data è Otb. L’ha annunciato a novembre e l’obiettivo è arrivarci nel 2024. Tra le mosche bianche del made in Italy che si sono sbilanciate verso una quotazione ci sono anche Golden Goose, prima in classifica nelle Quotabili 2021, e Luisaviaroma, al secondo posto. Scorrendo la consueta pubblicazione sulle aziende con i parametri in linea per una eventuale quotazione, sono le uniche realtà che hanno dichiarato la loro intenzione di sbarcare in Borsa nel medio termine. Ma sono eccezioni se guardiamo agli altri grandi gruppi. Giorgio Armani ha sostenuto anche recentemente la volontà di non voler aprire il capitale al mercato. E anche per Dolce & Gabbana e Max Mara Fashion Group non si parla di quotazione.
Per trovare altre Ipo degne di nota bisogna tornare agli esempi di Moncler nel 2013, Brunello Cucinelli nel 2012 e, addirittura Salvatore Ferragamo nel 2011. Dieci anni, nella moda sono un’eternità. La borsa, non è solo una forma di raccolta di capitali di rischio, ma è l’accettazione di un modello di sviluppo che richiede all’azienda di giocare un ruolo da protagonista nel proprio mercato di riferimento. Ecco perché serve un cambio di rotta. Ecco perché se la moda italiana vuole tornare ad essere rilevante non può non scegliere la quotazione.