L’invasione armata in Ucraina ha fatto sentire inevitabilmente il suo peso anche nel mondo della finanza. Ieri le borse hanno spazzato via 331 miliardi di euro di capitalizzazione sui listini continentali. Piazza Affari è stata la peggiore, con 25 miliardi in fumo e la seduta chiusa con un calo del 4 per cento. Il lusso non stato esentato da questa débâcle, sebbene le dimensioni del peso della Russia nelle vendite del luxury si siano fortemente ridimensionate nel corso degli ultimi anni. A Piazza Affari, Moncler ha perso oltre il 4%, Brunello Cucinelli oltre il 5%, a Parigi Kering e Lvmh hanno perso oltre 4 punti percentuali. Sempre nel lusso Richemont il 6% e Inditex il 4% mentre a Hong Kong, Prada ha beneficiato del rimbalzo delle borse asiatiche, guadagnando l’1,5 per cento. Nella seduta odierna, i titoli del lusso quotati nelle borse europee stanno recuperando le flessioni di ieri.
La Borsa, come sempre accade, riflette quello che è il sentimento generale. E, chiaramente, nella moda domina l’incertezza di fronte alla rapida escalation degli eventi che sta sicuramente porterà i grandi marchi a rivedere, almeno temporaneamente, le loro strategie nell’area. Secondo quanto riportato da Business of fashion, per esempio, Prada ha già chiuso i suoi negozi nel Paese. Al momento i danni legati alle possibili sanzioni internazionali nei confronti della Russia sono difficilmente quantificabili. Lo conferma Carlo Capasa, presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana, interpellato a caldo da Pambianconews sulla crisi ucraina. Secondo Capasa: “è difficile in questo momento quantificare il danno per il lusso perché non sono ancora chiari i confini delle sanzioni. E poi queste hanno anche effetti indotti e quindi non si limita al discorso dell’esportazione verso quel Paese ma diventa globale perché rincarano i prodotti a livello globale”.
Di effetto a catena ha parlato anche Luca Solca, analista dei beni di lusso di Sanford C. Bernstein in una nota pubblicata su Business of fashion. Secondo l’analista si stima che la Russia e l’Ucraina insieme rappresentino dal quattro al cinque percento circa delle vendite globali di lusso, il che significa che l’impatto diretto del conflitto sulle imprese sarà probabilmente limitato, ma, appunto l’effetto a catena del conflitto nell’economia mondiale potrebbe essere significativo.
Per dare, comunque, una panoramica sull’incidenza del mercato russo per il made in Italy, basti pensare che secondo gli ultimi dati relativi al womenswear italiano elaborati da Confindustria Moda e diffusi in occasione della fashion week in corso, la Russia è il settimo Paese di esportazioni per la moda donna italiana con 374 milioni di euro di export (vale il 4,7% del totale delle esportazioni), in crescita del 15,4 per cento. Guardando al settore della moda in senso allargato, secondo quanto riportato all’agenzia Adnkronos da Cirillo Marcolin, presidente di Confindustria Moda, “la Russia è certamente un mercato strategico per il tessile, moda e accessorio Made in Italy, che vale circa il 2,2% dell’export e che nel 2021 è cresciuto di oltre il +17%. Il mercato russo – sottolinea ancora Marcolin – si è sempre dimostrato molto attento alla nostra moda, rappresentando uno sbocco primario specialmente per i marchi di alta fascia. Quando ancora il mercato cinese valeva poche centinaia di milioni, quello russo già superava i due miliardi”.
Va da sé che la crisi avrà effetti collaterali anche sull’incoming dei turisti russi e ucraini in Italia e sullo shopping nelle città chiave, con Milano in pole position. Secondo i dati elaborati dall’ufficio studi di Confcommercio Milano, i turisti russi a Milano, in crescita costante negli anni pre-Covid, sono stati oltre 185 mila nel 2019 per uno scontrino medio di 2mila euro a visitatore.
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