La moda newyorkese fa rotta verso una rivoluzione sostenibile. La scorsa settimana è stato presentato all’Assemblea dello Stato di New York un disegno di legge con il quale lo stato mira a obbligare le aziende di moda a tracciare e comunicare il loro impatto ambientale lungo tutta la catena del valore. Se approvato, il Fashion sustainability and social accountability act sarebbe la legge più ambiziosa sul fronte green e renderebbe New York il primo stato americano a richiedere ai fashion brand di comunicare i dati ufficiali sui propri impatti climatici e sociali. Contemporaneamente potrebbe aprire la porta a normative simili in altri Paesi.
La norma si applicherebbe alle aziende di moda, indipendentemente dal luogo di origine, che operano a New York e che fatturano più di cento milioni di dollari l’anno. Praticamente tutti i grandi gruppi del settore rientrano in questa categoria come Inditex a H&M e Shein, tra gli altri.
Il Fashion Act obbligherebbe le aziende a mappare almeno il 50% della loro catena del valore, dalle materie prime alla logistica, e misurare quale parte ha il maggiore impatto sociale e ambientale in termini di emissioni di carbonio, gestione di sostanze chimiche e acqua, consumo di energia e salario di sussistenza. Inoltre, dovranno condividere i loro volumi di produzione e analizzare quanto cotone o poliestere consumano. Le informazioni devono essere disponibili su Internet e le aziende avranno dodici mesi per completare l’identificazione dei fornitori e diciotto mesi per analizzarne l’impatto.
Il regolamento prevede sanzioni fino al 2% del fatturato annuo per i trasgressori, che andranno a un fondo amministrato dal dipartimento per la conservazione ambientale di New York. Verrà inoltre pubblicato un elenco annuale delle società che non rispettano la normativa.
Il Fashion Act segna una svolta nella legislazione sulla moda sostenibile. Mai prima d’ora un’autorità di regolamentazione è andata così lontano: in Paesi come Germania, Francia, Regno Unito o Australia, le normative si concentrano esclusivamente sulla due diligence sui diritti umani. L’obiettivo dei promotori del Fashion Act è che, dopo essere passati per le commissioni di Assemblea e Senato, possa essere messo ai voti in primavera. Da allora, le aziende avranno dodici mesi per mappare l’intera catena di valore.
Una decisione da un certo punto di vista simile, ma legata solo alle passerelle, è stata presa dalla Paris Fashion Week. A partire dai défilé della stagione primavera-estate 2022 infatti, sono stati lanciati nuovi strumenti per la misurazione dell’impatto ambientale, sociale ed economico della settimana della moda di Parigi. Le aziende coinvolte hanno avuto la possibilità mantenere riservati i loro risultati oppure contribuire con i loro punteggi a misurare l’impatto dell’intera settimana della moda, senza rivelare i dettagli della loro performance. Il progetto di Parigi ha rappresentato un nuovo tassello nel capitolo della sostenibilità che è ormai diventato un argomento chiave per la moda e le fashion week.