Luca Colombo, country manager di Facebook Italia, ha raccontato al 26° Pambianco-PwC Fashion Summit la rivoluzione di Meta. Zuckerberg ha investito tutto nel metaverso, un mondo che integra reale e virtuale e sta cambiando irreversibilmente l’approccio che le aziende hanno verso la comunicazione digitale. Per la trasformazione completa ci vorranno ancora dai cinque ai dieci anni, ma nuove dinamiche si stanno già facendo strada.
Come si sta evolvendo questo mondo digitale, anche nel rapporto con i brand?
Molte delle persone che non sono dentro il mondo della comunicazione digitale non percepiscono quello che è un grosso terremoto, in corso da qualche mese a questa parte, e che proseguirà anche nel prossimo anno e mezzo. Faccio un passo indietro: negli ultimi dieci anni, il mondo della pubblicità sul digitale è cambiato tantissimo, spostandosi da quella che era la ‘banneristica’ e la presenza di un messaggio all’interno di un’audience affine al targer di riferimento a un modello basato sui dati. La capacità di profilare le persone e raggiungerle in maniera capillare e precisa è quello che proprio attraverso i dati si è riusciti a fare con Facebook e altri player del settore. Il dato è stato l’elemento discriminante per rendere le campagne di comunicazione più efficaci: oggi la misurazione e la possibilità di profilare le persone ti permette di essere preciso e molto efficiente nel comunicare. Negli ultimi mesi, un grosso player cui fanno capo molti dei nostri smartphone, Apple, ha cambiato in maniera un po’ troppo unilaterale molte regole del proprio sistema operativo: i dati sono condivisibili con terze parti solo se le persone danno un’autorizzazione esplicita. Quel che magari sembra una sciocchezza nella prospettiva dell’utente, ha un impatto enorme sulle aziende che fanno comunicazione, non solo Facebook, ma tutta la filiera, dalla pubblicità alle agenzie che fanno da intermediari fino ai clienti finali. Questo rende il modello degli ultimi dieci anni molto meno efficiente e richiede oggi moltissima attenzione. Ci aspettiamo che nei prossimi mesi la discontinuità si assesti perché le aziende faranno in modo di mantenere l’efficacia anche con meno dati, ma sarà un percorso non banale. Anche nel mondo Google e il suo Chrome la scomparsa dei ‘cookie di terze parti’, cioè dei file associati alla tecnologia di browsing, renderà complicato il mondo della comunicazione. Questa sarà una transizione più graduale, ma in generale quelli a venire saranno mesi di assestamento per le aziende.
Le aziende quindi troveranno più complessità nel lavorare sul digitale. Invece, dal punto di vista dei consumatori, ha visto dei cambiamenti post-pandemia?
Noi l’anno scorso in Italia, nel periodo di inizio della pandemia, abbiamo visto delle accelerazioni incredibili di consumo, di accessi a strumenti come le nostre piattaforme e in particolare della messaggistica come Whatsapp. È chiaro che ora non siamo più a quei livelli di accesso, ma non siamo tornati nemmeno al pre-febbraio 2020. Se devo dire dove oggi c’è la gran parte del tempo speso, è abbastanza trasversale tra i social network (Instagram e Facebook), però la messaggistica continua a essere e sarà sempre di più, grazie ai servizi che saranno associati alla semplice conversazione testuale, il principale attrattore di tempo e interesse per le persone. Lo si vede già in aree come la Cina, dove Wechat è il principale canale d’accesso: l’implementazione di maggiori funzionalità e servizi sopra la messaggistica base aiuterà a crescere sempre di più.
Significa che anche Whatsapp potrebbe diventare un sistema più organico come Wechat?
Già oggi, anche se non ancora in Italia, una serie di elementi sono stati lanciati, per esempio legati ai pagamenti o all’e-commerce, un passaggio che diventa naturale all’interno di quel contenitore.
C’è un’idea di quando arriveranno anche in Italia queste novità?
No, anche perché non dipende unicamente da noi, ci sono anche terze parti coinvolte.
Zuckerberg ci dice che Meta sarà il futuro, ma per noi utenti cosa significherà?
Durante l’evento di annuncio è stato raccontato come la visione del futuro, ricerca e sviluppo e investimenti vadano nella direzione di un mondo che sarà sempre più fisico e virtuale. Questa visione è partita nel 2015, quando abbiamo acquisito Oculus per 2 miliardi di dollari (il brand che permette di accedere alla realtà aumentata tramite gli appositi visori) tracciando la strada per la prossima ‘generazione computazionale’ dal punto di vista informatico. Oggi ci sono più elementi: l’avvicinamento a questo mondo avviene con strumenti come gli occhiali che abbiamo realizzato con Luxottica, attraverso videoconversazioni con gli avatar. Ma, attenzione, la fisicità vincerà sempre. Non stiamo dicendo che promuoveremo un mondo virtuale, ma ci sono dei momenti in cui la fisicità non può essere vissuta. In quel caso, le nuove tecnologie che stiamo sviluppando andranno a sopperire a quella carenza facendo vivere il mondo più realistico possibile senza la fisicità. Questa è la nostra prospettiva, ma da qua a viverla ci vorranno dai cinque ai dieci anni, se non di più perché c’è un aspetto tecnologico-hardware da sviluppare. Meta, quindi il metaverso, è la direzione verso cui siamo orientati; i prodotti che ci sono oggi (Facebook, Instagram e Whatsapp) mantengono i propri nomi perché hanno una propria riconoscibilità ma tutto ciò che vedrà la luce in futuro andrà sotto la nuova dicitura.