Lenta, ma inequivocabile ripresa per il tessile-abbigliamento europeo. La fotografia del settore arriva dai dati rilasciati da Euratex, la confederazione europea del tessile e dell’abbigliamento, con le sue 160mila aziende, 1,5 milioni di dipendenti e oltre 61 miliardi di euro di esportazioni.
I segnali di ripresa sono indubbi, così come, però, anche le difficoltà a uscire completamente da un periodo impegnativo come questo anno e mezzo di crisi pandemica. Se il comparto tessile ha già superato del 3,6% i livelli pre-Covid, l’abbigliamento è ancora fermo a -11,5% sul quarto trimestre del 2019.
Nello specifico, nel secondo trimestre 2021, il tessile ha registrato un aumento del 3,3%, dopo la leggera contrazione dei primi tre mesi dell’anno, mentre l’abbigliamento ha archiviato il secondo quarter a +7%, dopo un primo a +1%, recita il report di Euratex. Sempre nel corso del secondo trimestre, la bilancia commerciale è migliorata, con un export extra Ue in progressione del 49% e le importazioni dai Paesi extra europei in flessione del 26%, in particolare quelle dalla Cina e dal Regno Unito.
Nel quarter in esame, inoltre, l’occupazione del settore era ancora inferiore rispetto allo stesso periodo del 2019, del 4,4% per il tessile e dell’11,8% per l’abbigliamento. Nel periodo, la creazione di posti di lavoro si è lentamente stabilizzata nell’industria tessile (-0,2%), mentre l’occupazione nel settore dell’abbigliamento ha continuato a risentire dei minori livelli di attività produttiva del comparto durante la prima parte dell’anno (-1,2%).
Si profilano nuove sfide all’orizzonte, che potrebbero osteggiare la via della ripresa per il comparto, tra cui l’aumento dei costi di spedizione e dell’energia, in particolare del gas, più che triplicati dall’inizio dell’anno. Ma anche le problematiche a livello di supply chain, che sta incontrando impedimenti soprattutto nel sud-est asiatico in termini di forza lavoro, attrezzature e materie prime.
Proprio a tal proposito, commenta Dirk Vantyghem, direttore generale di Euratex, “le nostre aziende hanno mostrato una grande resilienza durante la pandemia e le ultime performance nell’ambito dell’export sono un segnale incoraggiante di ripresa. Tale ripresa può tuttavia essere ostacolata dagli attuali problemi di supply chain ed energia. Ancora una volta, i recenti sviluppi dimostrano che la transizione verso una produzione più sostenibile può funzionare solo se organizzata in un contesto globale, evitando le emissioni di carbonio e con un’efficace parità di condizioni. Questo deve essere preso in considerazione nella definizione della prossima Textiles Strategy dell’Unione europea”.