Per quanto riguarda l’andamento economico, fotografato da una nota a cura del Centro Studi di Confindustria Moda per Sistema Moda Italia, la pandemia da Covid-19 non ha risparmiato nemmeno il segmento della moda junior. Sulla base del bilancio settoriale elaborato dal Centro Sudi di Confindustria Moda il childrenswear (accezione questa che comprende l’abbigliamento in maglia e tessuto per ragazzi/e di età tra 0-14 anni, intimo ed accessori inclusi) archivia lo scorso anno con un turnover in calo del -14,7%, che riporta i livelli su valori lievemente inferiori a quelli del 2015; nei dodici mesi il settore perde infatti quasi 450 milioni di euro e si porta a quota 2,6 miliardi circa.
Le stime rilasciate lo scorso gennaio in occasione della precedente edizione di Pitti Bimbo, allorquando ci si attendeva una contrazione del 13,1%, risultano, dunque, lievemente peggiori a consuntivo, a seguito di un calo del mercato interno rivelatosi più negativo di quanto previsto. Il valore della produzione resta in area negativa, ma la flessione si accentua al 14,5% rispetto all’anno precedente. Considerando il trade con l’estero, l’export di comparto archivia una flessione del 13,7% su base annua, dinamica questa che conduce le vendite estere a 1,1 miliardi di euro. L’incidenza media delle vendite oltreconfine sul giro d’affari complessivo sale al 41,6 per cento. Le importazioni settoriali calano del 15,9%, per totale di circa 1,8 miliardi di euro. La bilancia commerciale settoriale resta in deficit per 679 milioni, ma guadagna così oltre 160 milioni di euro rispetto al 2019.
Nel 2020 l’export del solo abbigliamento per neonati riesce a contenere il decremento al 7,8%, per un totale di 143,3 milioni di euro. Venendo a considerare il mercato italiano, nell’anno solare 2020, il sell-out di moda junior, secondo le rilevazioni svolte da Sita Ricerca per conto di Sei, archivia una variazione particolarmente intensa per il comparto, pari al -18,1%, nonostante sia tra quelle meno gravose raggiunte nel complesso del panorama italiano del consumo di tessile-abbigliamento. Sotto il profilo merceologico, il segmento bambina, strutturalmente preponderante con un’incidenza del 46,4% sui consumi nazionali di childrenswear, e il segmento bambino flettono entrambi del 18,6%; il ‘neonato’, che copre il 16,9% del mercato, cala del 15,4 per cento.
Come per altre categorie di prodotto non del tessile-abbigliamento ma anche di altre industrie, la pandemia ha dato una forte spinta all’e-commerce. Il canale digitale, che già nel periodo compreso tra la P/E 2019 e l’A/I 2019-20 era aumentato del +50,6%, nei mesi coperti dalla P/E 2020 a tutto l’A/I 2020-21, sperimenta una crescita del +33,1 per cento. Si riscontra un mini-boom per il segmento neonato (+97,3%), la bambina assiste, invece, ad un incremento nella misura del +44,5%; il bambino risulta relativamente meno vivace, ma palesa comunque una variazione positiva pari al +14,9 per cento.
Infine, secondo i dati Istat ad oggi disponibili con riferimento al solo segmento bebè da gennaio a marzo 2021 l’export presenta un’inversione di tendenza, mostrando una timida variazione in aumento, pari al +0,7 per cento. Tra i principali mercati, si assiste al ritorno di dinamiche positive in molti casi: l’export diretto in Svizzera cresce del +10,9%, quello in Francia del +49,9%, quello in Germania del +10,1%. Una buona performance interessa anche le vendite di moda bebè destinate agli Emirati Arabi Uniti (+115,7%). Continua invece in trend negativo per Spagna (-19,5%) e Regno Unito (-36,3%). Parallelamente, l’import di abbigliamento 0-3 anni presenta un andamento simile a quello delle esportazioni: anche l’import cambia passo e registra un +0,5% rispetto al primo trimestre 2020.