Il nuovo amministratore delegato Livio Proli svela le strategie per velocizzare la crescita di Missoni. Il brand italiano farà tesoro del know how nella maglieria per potenziare anche altre categorie merceologiche. Il manager intende valorizzare la collezione maschile, la linea home e lo storico legame con lo sport, con un occhio di riguardo per il daywear femminile.
Dopo 19 anni da Armani è diventato amministratore delegato di Missoni, com’è andata?
A 54 anni ho tirato le somme delle mia vita. I cicli finiscono e, quando ne ho preso atto, mi sono umilmente fatto da parte con dispiacere ma con piena consapevolezza. Dopo un anno sabbatico non pensavo di ritornare a lavorare così presto ma, durante il primo lockdown Maurizio Tamagnini, CEO del Fondo Strategico Italiano (che detiene il controllo del 41,2% di Missoni, ndr), mi ha chiesto se avessi voluto fare una chiacchierata con Rosita e Angela Missoni. Da quella chiacchierata in maniera naturale, veloce e sorprendente mi sono trovato dentro l’azienda.
Che percepito ha avuto di Missoni?
L’aspetto più importante è la forza del marchio. Un brand pulito, solito, distintivo, credibile ma allo stesso momento, nonostante sia stato fondato nel 1953, ha ancora un grande margine di espansione e di crescita. Nell’autostrada della competizione negli ultimi 10 anni l’azienda ha deciso di stare nella corsia a velocità più bassa, questo nel tempo non ha più soddisfatto la famiglia che infatti nel 2018 ha agevolato l’ingresso del Fondo Strategico Italiano per ridisegnare una visione. Io sono stato chiamato qualche mese fa perché sia la famiglia che il fondo hanno visto e preteso un cambio di marcia. Adesso abbiamo un progetto preciso, sicuramente non facilitato dal Covid ma l’importante è avere la chiarezza delle cose che dovremo.
Quali sono le prime aree su cui sta intervenendo o vorrà intervenire nei prossimi mesi?
Gli elementi di forza sono il grande concetto di qualità, Missoni è un marchio sinonimo del made in Italy, di prodotti di lusso, specialmente nella maglieria. È un’azienda che ha una grande propensione alla ricerca dei filati, dei colori, delle lavorazioni sempre nel mondo knitwear e questo fa capire che forse dovremmo portare queste capacità anche in altre categorie merceologiche. Manca un po’ di programmazione e pianificazione, in passato comandava e dava una grande mano l’aspetto della creatività. Oggi questa qualità va messa a terra e con una cinghia di trasmissione portata ad essere più facilmente vendibile senza depauperarne gli elementi di ispirazione, mettere a posto l’intera filiera sotto il titolo di ‘creatività vendibile’ sarà la grande sfida dei prossimi 12 mesi.
Com’è la peculiarità di avere membri della famiglia coinvolti nell’azienda?
Si può lavorare bene se si è intelligenti e si ha un obiettivo comune. Parto dall’architrave della famiglia Missoni che è Rosita Missoni: un moto perpetuo ed efficace, ha una cultura personale incredibile e un’energia, una disciplina al lavoro che nonostante l’età anagrafica è giovanile. La affiancano Angela, suo fratello Luca e i loro figli che garbatamente stanno cercando di entrare, imparare e capire. Dal punto di vista familiare c’è la voglia di dare un contributo ed imparare a lavorare in modo manageriale. Ogni tanto andiamo nei comitati direttivi o nel CdA e i familiari diventano invece azionisti, il loro modo di analizzare e confrontarsi passa un altro livello. Questa capacità di sdoppiarsi in due approcci diversi è l’elemento che ci sta garantendo di poter lavorare in modo diverso. Chiaramente poi abbiamo il bilanciamento molto forte e importante del Fondo Strategico Italiano.
Oggi qual è il fatturato dell’azienda?
L’azienda ha un fatturato di 110 milioni di euro, le cose interessanti sono due: la prima è la composizione del fatturato ben distribuita in tutti i Paesi del mondo, poi c’è il lifestyle Missoni. Di questi 100 milioni 20 mln arrivano da MissoniHome quindi siamo di fronte a un progetto lifestyle completo. Abbiamo un’estensione di prodotti che vanno dal ready to wear agli accessori pelle e tessili, ai mondi home, beachwear e tutte le licenze: occhiali, orologi, profumi.
Quali sono le aree di prodotto che hanno maggiori potenzialità di crescita?
Sicuramente la parte uomo che performava molto bene all’inizio degli anni 2000 ma piano piano il business si è affaticato. Dobbiamo rilanciare il menswear e lo sport perché ricordiamo che Ottavio Missoni ha corso nel 1948 la finale olimpica a Londra, quindi abbiamo nel dna dell’azienda il concetto di sport performance che declineremo in sport/fashion. Tutti abbiamo davanti l’idea e lo stimolo di sviluppare il mondo accessori pelle ma sappiamo benissimo che senza know how è un desiderata che 9 volte su 10 può fare male. Possiamo spingere molto di più la parte home, è un dipartimento che con facilità riesce a creare dei sogni, prevalentemente la parte tessile. Procede molto bene il beachwear donna che esprime dei fatturati sorprendentemente grandi. La vera scommessa sarà il mondo daywear donna che in questo momento è la parte che sviluppiamo con minore abilità perché ci siamo arroccati nel segmento red carpet, caratterizzato da pezzi di grande maestria e contenuto tecnico che possono deliziare molte donne, ma non moltissime.
Quale sarà la sfida del settore moda in futuro?
La sfida di combinare il nuovo con il tradizionale in una maniera fluida, combinando all’interno delle aziende i giovani talenti con i senior. Nel mondo della moda occorre coniugare gli opposti, la creatività si deve sposare con la disciplina, l’immagine deve coniugarsi con la funzionalità.