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‘Romaison’, in mostra il rapporto tra moda e cinema

Una veduta della mostra (ph. Simon d'Exéa)

‘Romaison’, in mostra il rapporto tra moda e cinema

Di Giulia Mauri
26 Ottobre 2020

Resterà aperta fino al 29 novembre ‘Romaison 2020 – Roma, una Maison straordinaria: archivi e produzioni dei laboratori di Costume’. Allestita negli spazi del Museo dell’Ara Pacis e curata dalla storica e critica della moda Clara Tosi Pamphili, la mostra riunisce le più importanti sartorie di Costume romane: Annamode, Costumi d’Arte – Peruzzi, Sartoria Farani, Laboratorio Pieroni, Tirelli Costumi, con la presenza di bozzetti dall’archivio personale di Gabriele Mayer – un fondo che sarà donato alla Galleria Nazionale – e con una sezione dedicata a Mensura, storico produttore di manichini.

Il rapporto tra moda e costume “meravigliosamente ambiguo, in una dimensione parallela di ispirazione reciproca soprattutto a Roma” – come scrive la curatrice nel testo che introduce alla mostra – è il filo sotteso a questo insieme eterogeneo di storie, che si snodano per oltre un secolo, dalla nascita di Cinecittà nel 1937 alle prime produzioni internazionali girate negli studi romani, come il ‘Principe delle Volpi’ del 1949, dalla stagione dorata del cinema italiano ad oggi.

In mostra, in un gioco di rimandi tra pezzi d’epoca e costumi, si possono ammirare abiti che vanno dal sarto inglese Charles Frederick Worth fino a Paul Poiret; dalla romana Maria Monaci Gallenga, di cui sono esposti anche i blocchi per la speciale tecnica di stampo a oro e argento su velluto, fino a Madame Gres e agli atelier di alta moda romani come Schubert e Zecca. E, ancora, i grandi dell’alta moda francese come Christian Dior e Balenciaga dialogano tra loro con i costumi de ‘Il Conformista’ e ‘L’Ultimo Imperatore’ di Bernardo Bertolucci, ma anche con la ‘Cleopatra’ interpretata da Elizabeth Taylor, con gli abiti di ‘Salò’ di Pasolini, o con quelli di ‘Miss Marx’, presentato all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, fino alle serie tv come ‘Penny Dreadful’. I costumi di Pescucci, Canonero, Atwood, Squarciapino, Donati, Tosi, fino ai più giovani Catini Parrini e Torella, per citarne alcuni, sono messi a confronto diretto con gli archivi di questi luoghi, per loro fonte di ispirazione.

Irrompono poi sulla scena icone cinematografiche: Florinda Bolkan che indossa un abito di Gallenga come costume nel film ‘Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto’, Donyale Luna – la prima modella di colore che compare sulla copertina di Vogue nel 1966 – in ‘Satyricon’, Silvana Mangano mentre indossa le sue parure Bulgari con ametiste, quarzi e diamanti in ‘Gruppo di Famiglia in un Interno’, Jane Fonda in ‘Barbarella’.

Una sezione è, inoltre, dedicata alle scuole e accademie di moda: con cadenza settimanale, a rotazione, saranno esposti i migliori progetti realizzati dagli studenti di Accademia di Alta Moda Koefia, Accademia di Belle Arti di Roma, Accademia di Costume e Moda, IED Istituto Europeo di Design, NABA Nuova Accademia di Belle Arti.

Infine, l’attrice scozzese Tilda Swinton sarà protagonista della performance ‘Embodying Pasolini’, legata alla mostra ma in programma per il 2021. Ideata e curata da Olivier Saillard, fashion curator ed ex direttore del Museo Galliera di Parigi, l’azione rifletterà sul potere evocativo dell’abito a partire dai costumi realizzati dalle sartorie romane per i film di Pasolini.

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