L’assenza del turismo e dei lavoratori (causa smartworking) pesano sul settore della moda. Lo evidenzia Federazione Moda Italia, organizzazione di rappresentanza del dettaglio e ingrosso dei settori moda, abbigliamento, calzature, tessile per arredamento, tessuti per abbigliamento, pelletterie, accessori, articoli sportivi, che ha raccolto i dati sull’andamento delle vendite nei mesi di luglio e agosto di quest’anno. In base al sondaggio svolto, il 62% delle aziende ha registrato un calo rispetto alle entrate dello stesso periodo l’anno scorso, il 22% ha riportato una stabilità, mentre il 16% un incremento. Il calo medio registrato è del 17 per cento, “con posizioni più critiche nei centri delle grandi città, che hanno sofferto di più rispetto alle periferie, ai centri minori ed alle località turistiche, dove si è registrata qualche soddisfazione”, riporta la nota.
“Siamo molto preoccupati perché lo stallo degli arrivi di turisti amanti del bello e del made in Italy, e l’eccessivo utilizzo dello smartworking hanno portato ad un cortocircuito dei flussi soprattutto nei centri delle maggiori città”, ha spiegato Renato Borghi, presidente di Federazione Moda Italia-Confcommercio. “Le nostre stime prevedono un calo di 5,7 miliardi di euro, pari al 75% dei proventi da shopping tourism che, sommato alla diminuzione delle vendite sul mercato interno, potrebbe portare complessivamente alla chiusura di 17mila punti vendita del settore moda con un’incidenza sull’occupazione di 35.000 addetti”.
In ogni caso, “siamo altrettanto convinti che, non appena si allenteranno i timori, con la ripresa in presenza di scuole, università e attività pubbliche e private a pieno regime, il nostro Paese saprà ripartire. Le manifestazioni fieristiche della moda di Milano potranno rilanciare l’economia e dare nuova linfa e movimento al settore”.