In un’intervista di metà gennaio, Giorgio Armani ha rilasciato un commento sulla situazione attuale della moda, definendola meno “protetta” e anche “abusata”, in uno scenario in cui tutti possono essere stilisti. Armani non ha svelato nulla di nuovo. È cosa nota che, grazie alla cosiddetta democratizzazione consentita da Internet e social media, le barriere all’accesso professionale sono al minimo, nella moda così come in altri ambiti, a cominciare dal giornalismo stesso.
C’è però un’accezione interessante nel messaggio di Armani ed è nel concetto utilizzato: ‘protezione’. La domanda diventa: da cosa?
È evidente che lo scenario ‘democratico’ indotto dal web sta costringendo i brand a cambiare il posizionamento e, di conseguenza, il proprio messaggio e il proprio linguaggio. Dal punto di vista strategico, la disintermediazione social ha aperto il mondo del lusso all’esterno, e trasformato in realtà un concetto che appariva un ossimoro: il lusso-inclusivo.
Dal punto di vista del messaggio, questo impone anche l’utilizzo di un linguaggio il più dirompente e, al contempo, più comprensivo e noto possibile. E cosa c’è di più comprensibile del pop?
Va letta in questo senso la campagna più recente di Gucci che punta alla provocazione arrivando al bacio tra la modella e un cavallo. Oppure il messaggio di Burberry che presenta in un’unica immagine un pot pourri di abiti, tipologie di persone, colori e segmenti di prodotto, arrivando a evidenziare stringhe tipiche della biancheria intima. Anche Moncler evidenzia l’obiettivo pop, affidandosi a uno dei volti più noti del cinema internazionale, Will Smith, messo a levitare in un box bianco. Certo, da sempre questo genere di strategie appartengono alla moda, ma come caratterizzazione di specifici brand (si pensi a Moschino), e mai, finora, come elemento mainstream.
È questa moda super pop che cambia lo status quo e alimenta una latente voglia di ‘protezione’. Tuttavia, occorre capire se e quanto questi aspetti siano davvero un fattore da cui difendersi, o siano semplicemente la carte per vincere una partita, quella del lusso inclusivo, che la moda ha doverosamente accettato di giocare.