Se in Italia sale il livello d’allarme per il Coronavirus, con i due casi accertati a Roma, la moda italiana, per il momento, non ha ancora deciso contromisure particolari per la sua rete di terzisti in Cina. Secondo quanto risulta a Pambianconews, tra gli associati a Smi-Sistema Moda Italia, il rapido contagio del virus non avrebbe ancora costretto le aziende italiane a chiudere negozi (come invece hanno scelto di fare alcuni colossi internazionali come Ikea che ha abbassato temporaneamente le serracinesche di tutti i suoi store in Cina) e fabbriche oltre Muraglia né abbia portato, per il momento, alla sospensione dei lavori delle fabbriche cinesi di alcune aziende italiane. Il condizionale è d’obbligo perché i tempi rapidi della trasmissione potrebbero portare a delle evoluzioni nella situazione già nei prossimi giorni.
Proprio nei prossimi giorni potrebbe, invece, emergere la prima e importante conseguenza dell’allarme Coronavirus in Italia. Martedì, infatti, aprirà i battenti la 30esima edizione di Milano Unica, il salone italiano dedicato al tessile d’eccellenza. Secondo gli addetti ai lavori, è possibile che la manifestazione debba far fronte a un calo sostanziale dei buyer provenienti dalla Cina. Già all’appuntamento dello scorso settembre a Milano, i buyer cinesi evidenziarono un calo significativo (-13,7%). L’area della Greater China (Cina e Hong Kong) rappresenta ormai uno dei principali mercati di sbocco dei tessuti italiani di fascia alta. Secondo i dati pubblicati lo scorso luglio dall’ufficio studi di Confindustria Moda in occasione dell’ultima edizione di Milano Unica, nel primo trimestre del 2019 l’export verso la Cina è Hong Kong arriverebbe a 72 milioni di euro, al pari della Germania.
Sarà da vedere, poi, se il protrarsi dell’allarme Coronavirus potrebbe avere ripercussioni anche sulla prossima edizione di Milano Unica Shanghai, in programma dal 11 al 13 marzo.