L’export della moda italiana, nella prima metà dell’anno, ha registrato un incremento del 7,2% spazzando via le stime ferme al +1,8 per cento. La distanza con le previsioni ha sorpreso tutti, a cominciare dalla stessa Confindustria Moda, il cui presidente Claudio Marenzi non ha nascosto il proprio stupore. Del resto, è probabile ci si dovrà abituare a questo genere di gap tra attese e risultati, poiché appare sempre più difficile riuscire a monitorare i driver che agiscono sul mercato.
Innanzi tutto, sta accelerando la velocità di cambiamento dei mercati e ad incidere, inaspettati sulle stagioni, non sono più solo gli effetti macroeconomici o politici (per esempio, le battaglie doganali o le rivolte di Hong Kong), che pure oggi agiscono con reazione moltiplicata rispetto al passato, ma anche i microtrend.
Per giunta, cambiano repentinamente anche i canali stessi, per numero e per qualità. Il caso evidente è quello del commercio online: lo scorso anno si parlava ancora di valori tra il 5 e il 7% del giro d’affari complessivo. Oggi si parla normalmente di numeri a doppia cifra, basti pensare che, sempre secondo i dati di Confindustria moda, il womenswear online italiano ha chiuso il 2018 in progresso del 40,7%, con un’incidenza del 9,4% sul mercato totale. Ma, ormai, quando si parla di online, non si fa più riferimento solo al web.
Stanno guadagnandosi uno spazio crescente i canali di distribuzione via social media: Instagram la fa da padrone, ma sta emergendo uno stuolo di chat e altre applicazioni che moltiplicano i fronti. Si pensi al fenomeno del gaming, o meglio, alla possibilità di proporre i prodotti all’interno di contesti di realtà virtuale. In questo orizzonte, dove sono i confini? Appunto, il vero interrogativo, oggi, riguarda i reali confini dell’omnichannel. Una recente ricerca americana ha stilato una classifica delle aziende per performance omnicanale. La cosa interessante è che, per creare la griglia di valutazione, si siano considerati nuovi modelli di store fisici, ma anche variabili come la loro connessione con le vendite online, l’interazione esperienziale con i social, la conoscenza del prodotto in magazzino, la trasparenza delle disponibilità in negozi e rivenditori. Si tratta di una matrice estremamente complessa, su cui i brand stanno investendo cifre rilevanti. Me le sue soluzioni non sono più lineari, bensì sono il risultato di equazioni a molteplici variabili che, di rado, sono tutte prevedibili.