Amazon pullula di contraffattori. È l’accusa che l’American Apparel & Footwear Association (Aafa), associazione che rappresenta oltre mille fashion brand, ha diramato rivolgendosi direttamente alla Us Trade Representative, agenzia governativa responsabile per lo sviluppo della politica commerciale. “Tutti possono diventare rivenditori troppo facilmente – rivendica l’associazione in una lettera ufficiale – ed è spesso fuorviante e complicato capire chi sia il venditore. I membri sottolineano che, dal punto di vista dei consumatori, è difficile decifrare da chi viene offerto l’acquisto. Amazon deve approfondire di più, dimostrando l’impegno alle risorse e alla leadership necessaria per rendere i programmi dedicati alla protezione dei marchi modulabili, trasparenti e, soprattutto, effettivi”.
Aafa chiede, inoltre, che i siti della versione inglese, tedesco, canadese, francese e indiana di Amazon vengano inseriti all’interno dell’annuale Notorious Markets, una black list che include mercati fisici e virtuali dove avvengono infrazioni legate al copyright su larga scala.
Già lo scorso anno, Aafa aveva segnalato i siti tedesco, inglese e canadese, ma alla fine il governo aveva soprasseduto sulla richiesta. In un articolo di Fast Company che riporta la questione, si riflette sulla strategia reattiva di Amazon: il colosso e-commerce preferirebbe entrare in azione quando uno specifico brand segnala la vendita di prodotti contraffatti anziché lavorare maggiormente sulla prevenzione.
La testata riporta, inoltre, la dichiarazione di un portavoce Amazon che ricorda quanto la piattaforma e-commerce investa per prevenire e combattere la contraffazione: “Solo nel 2018 abbiamo speso oltre 400 milioni di dollari in personale, strumenti e data science per proteggere i nostro clienti da frodi e abusi nei nostri store”. Amazon ha inoltre fermato un milione di utenti sospettati di cattive azioni e bloccato più di 3 miliardi di annunci.