In uno scenario e-commerce in continua evoluzione, la contrattualistica online individua due poli complementari che sembrano destinati a spartirsi lo shopping di lusso. Laddove un e-shop non sia in gestione diretta, oppure a fianco a un e-commerce di proprietà, è la formula delle e-concession a rispondere alle esigenze di crescita dei brand. Questi accordi permettono alle griffe di aggredire più velocemente nuovi mercati e di avere un controllo più elevato rispetto al wholesale, in primis in tema di gestione dei prezzi e di politiche di sconto. Non ha dubbi il capo del digital di Kering, Grégory Boutté: “Ogni volta che migriamo da un modello di vendite wholesale sul web alle concessioni – ha spiegato il manager -, ciò si traduce in un aumento delle vendite”. Lo scorso giugno, in occasione dell’investor day della holding parigina del lusso, Boutté è partito dai dati, comunicando la quota di incidenza dell’online sulle vendite complessive 2018: l’e-commerce ha generato il 9,4% dei ricavi totali di Kering, in linea con la media del settore. Il 4,7% dei ricavi di Kering, inoltre, arriva dai siti diretti e dalle “concessioni”. Queste ultime favoriscono una maggior stretta sulle strategie di vendita, dove il controllo va dall’assortimento del prodotto alla sua presentazione. Come hanno spiegato a Pambianco Magazine alcuni esperti, c’è poi il vantaggio in una partita, sempre più cruciale, come quella del patrimonio-dati. In questo senso, le e-concession rappresentano un passo avanti per il brand rispetto al wholesale, perché consentono un monitoraggio maggiore, per quanto rimangano lontane dall’autonomia del monomarca.
UN MODELLO VANTAGGIOSO Le e-concession sono l’evoluzione digitale dei cosiddetti contratti di affidamento in gestione del reparto, nati nel Regno Unito per disciplinare i corner all’interno dei department store. “Nelle e-concession – ha precisato Giacomo Antonelli, e-commerce advisor di 143 Consulting – il brand generalmente lascia i capi ‘in conto vendita’ e il negoziante (colossi online-only come Net-a-porter o Matchesfashion) trattiene una commissione (dal 20% al 30%) sul valore totale del venduto”. Questo margine medio si confronta con il 10% del wholesale e il 25% del retail online, proponendosi come sostenibile, ha continuato Antonelli, “anche in virtù del fatto che i grandi player online possono avere una crescita che i canali fisici o il wholesale tradizionale non avranno”. Un sito e-commerce monomarca in gestione diretta garantisce il pieno controllo della struttura di vendita, del pricing, dei volumi di merce interessati dalle transazioni e delle giacenze. D’altro canto, essere presenti su un portale e-commerce multibrand vuol dire essere affiancati alla concorrenza. Quella che può apparire come una sfida, consente in realtà l’accesso a fasce di mercato multiple in un rapporto win-win. Rispetto alla tradizionale vendita che il brand fa già sul proprio e-commerce monomarca, le e-concession permettono di aggredire velocemente nuovi mercati e di accelerare la crescita anche sulle piazze più mature proprio perché ci si appoggia a grandi rivenditori online che hanno già elevatissima qualità a livello operativo e, generalmente, completa conoscenza dei propri mercati di riferimento. “Se pensiamo – ha continuato Antonelli – che lo stesso brand può avere e-concession diverse, con partner e condizioni commerciali diverse in base ai diversi mercati, è facile capire come con lo stesso metodo si possa aggredire tanto un mercato autoctono, quanto un mercato lontano e difficile come, ad esempio, la Cina”.
E I BIG DATA? Se si considera il ruolo assunto dall’intelligenza artificiale nella moda, si può capire come una delle partite della contrattualistica online riguardi la gestione del patrimonio di informazioni che si possono ricavare dalla rete. L’avvento dei social media ha consentito un’esplosione delle capacità di raccolta dati e di loro elaborazione tale da rivoluzionare l’intero processo della filiera moda. Il mercato diventa demand-focused. Le informazioni che si ricavano dai dati devono essere considerate al pari di qualunque altro asset societario. Perciò, questo aspetto è senz’altro un tasto dolente del wholesale sul web. E il controllo garantito dalla concessioni online rappresenta già un sostanziale passo avanti. Ma per un completo controllo bisogna invece guardare ai siti di proprietà. “Optare per una piattaforma multibrand, che, nel caso di player dalle grandi dimensioni ha anche il ruolo del leone nel negoziare tutele contrattuali, vuol dire esporre ad altri il proprio patrimonio dati – ha spiegato a Pambianco Magazine Milena Prisco, counsel di Cba Studio Legale e Tributario -. Le e-concession rappresentano un’evoluzione contrattuale positiva. C’è una condivisione del rischio di impresa e degli oneri strutturali. Si può beneficiare, in termini di posizionamento, di una commistione di stili. Sono la forma di presenza online ideale entro precise dimensioni”. Con la crescita, infatti, i brand tenderanno superare anche la formula delle e-concession, soprattutto nei mercati autoctoni. D’altro canto, i grandi retailer lavorano per ‘elevare’ la loro insegna a marchio, invertendo le dinamiche di approvvigionamento.