“Chanel non è in vendita, Chanel non si sta preparando a un’Ipo, voglio confermarlo per la centesima volta quest’anno. I numeri mostrano che la nostra strategia è esattamente l’opposto di quella di un’azienda che si stia preparando alla vendita o alla quotazione. Abbiamo aumentato i nostri investimenti in una visione di lungo termine”. A parlare è Philippe Blondiaux, chief financial officer di Chanel, che in un’intervista a Business Of Fashion è inoltre entrato nel merito dell’andamento del 2018. Lo scorso anno la maison della doppia C, oggi controllata dai fratelli Alain e Gerard Wertheimer, ha registrato ricavi per 11,1 miliardi di dollari (9,8 miliardi di euro), in crescita del 10,5 per cento. L’utile operativo ha raggiunto i 3 miliardi, a +8% sul 2017. La crescita double-digit del giro d’affari, riflette Business Of Fashion, “dimostra che il potenziale del marchio potrebbe essere molto più alto di quello ipotizzato in passato”. A confermarlo sarebbe anche il numero dei dipendenti, arrivato, nel 2018, a 25mila (a livello globale), il doppio rispetto a dieci anni prima.
A livello geografico, nel 2018 l’Asia-Pacifico è stata per Chanel l’area con la crescita più forte (+20% a 4,7 miliardi di dollari), scalzando l’Europa (+7,8%) nel ruolo di mercato di riferimento. Il mercato americano, dal canto suo, ha segnato un +7% a 2,1 miliardi. “Abbiamo registrato una buona crescita in tutte le regioni – ha continuato Blondiaux -, ma il lusso, ovviamente, registra un ottimo successo soprattutto in Asia. A contribuire è stata, con ogni probabilità, la decisione di 3-4 anni fa di armonizzare i prezzi, alimentando le vendite nel mercato locale. Ma se guardiamo al 2019, vediamo che il trend di crescita continua”.
Quanto agli investimenti, ha precisato Blondiaux, nel 2018 il gruppo ha dedicato 122 milioni di dollari alla ricerca e sviluppo. La spesa in advertising, marketing, eventi e sfilate è invece cresciuta del 9% a 1,7 miliardi. Tra le acquisizioni della maison nell’anno ci sono state quelle di Orlebar Brown (beachwear maschile), la conceria Colomer (Spagna) e la manifattura di movimenti per orologi Kenissi (Svizzera).
Le parole del CFO di Chanel arrivano dopo mesi di indiscrezioni circa un possibile cambio di proprietà di Chanel, alimentate anche dalla scomparsa di Karl Lagerfeld, direttore artistico della maison dal 1983.