Una versatilità che spazia dagli armadi ai business plan. è questo il segreto del denim, la cui nuova ‘febbre’ americana (vedi articolo precedente) sembra aver contagiato anche l’Italia. Qui, infatti, il jeans sta tornando ‘di moda’, e si fa occasione, per le aziende, di lancio o di rilancio. Come infatti spiegato a Pambianco Magazine da Franco Marianelli, AD di Rifle, “il denim è caratterizzato a un fenomeno di ciclicità. Infatti, è un prodotto passe-partout: quando le aziende casual hanno ‘perso la propria strada’, il modo in cui tornano ‘in carreggiata’ è proprio con il denim. Basti guardare i casi di Levi’s, Wrangler, Guess e della stessa Rifle che, appunto, ha il denim nel proprio dna”. Lo scorso anno, infatti, il brand, che ha chiuso il 2018 con un giro d’affari di circa 19-20 milioni di euro, di cui il 40% generato dalla parte denim, ha dato il via al proprio piano di rilancio il quale ha coinvolto l’intera azienda, dal team interno al prodotto. “L’attenzione che c’è attualmente nei confronti del denim è però diversa dal passato. Esiste, infatti, una polarizzazione: da una parte vi è il lusso e dall’altra il fast fashion, e chi è nel mezzo, e quindi chi ha un prodotto con un prezzo nella forchetta tra i 100-200 euro circa, si trova in difficoltà”. Per quanto riguarda il caso specifico di Rifle, il marchio “si colloca in una nicchia al di sotto di questa fascia, ma non per questo è da considerare fast fashion. Noi vogliamo rimanere un brand affordable e questo è il posizionamento che vogliamo mantenere. In Italia, infatti, non crediamo ci siano persone disposte a pagare più di 100 euro per un jeans, ma non per questo il consumatore è disposto a rinunciare alla qualità”. Tra i protagonisti di un rilancio all’insegna del denim, vi è, per esempio, anche Tela Genova. Realtà storica nel panorama italiano, Tela Genova è stata rilevata nel 2010 dall’imprenditore Cristiano Caucci che l’ha poi rilanciata a partire dal 2014, con la mission di “riproporre un jeans d’autore, ma con un’accessibilità all’acquisto da parte del consumatore”, come aveva raccontato a Pambianco Magazine lo stesso Caucci a gennaio. Tra gli altri casi, c’è quello di Versace Jeans Couture. Il rilancio del marchio della Medusa è stato annunciato nelle scorse settimane e segue la scelta di chiudere Versus a favore dell’integrazione di quest’ultima con Versace Jeans. “Questa operazione – aveva dichiarato lo scorso autunno il CEO Jonathan Akeroyd – ci permetterà di sviluppare ulteriormente le proposte di Versace Jeans e, allo stesso tempo, di non perdere il dna e i codici che hanno reso così iconico Versus”. In questo modo, la griffe ha anche ritrovato il proprio nome originario, dopo essere stata per alcuni anni solamente ‘Versace Jeans’. E se per alcuni brand il jeans è occasione di ‘rilancio’, per altri lo è di ‘lancio’. Ne è un esempio Hand Picked, il marchio dedicato al denim (ma non solo) di lusso di proprietà di Giada, realtà licenziataria di Jacob Cohën, Karl Lagerfeld Denim e Vilebrequin Denim, lanciato in occasione di Pitti Uomo 2018. “Il denim è nel dna della nostra storia, che oggi, grazie ai risultati conseguiti, ha reso nota in tutto il mondo la nostra azienda”, ha spiegato Franco Catania, CEO di Giada. “La scelta di puntare sul denim è stata, quindi, una logica conseguenza. I primi risultati ci confermano essere stata la scelta giusta e ci fanno ben sperare per il futuro e per una crescita progressiva, anche se graduale”. Una crescita, questa, che si avvale di un marcato approccio alla sostenibilità. Infatti, “per quanto riguarda Hand Picked, e non solo, la nostra azienda, già da tempo, predilige la scelta di materiali realizzati nel rispetto dell’ambiente e si avvale di realtà produttive, proprie e di terzi, nelle quali la sostenibilità viene percepita come un valore, quali lavanderie che adottano impianti di riciclo delle acque per i trattamenti o laboratori di confezione nei quali viene prodotta l’energia attraverso fonti rinnovabili”. Un altro esempio di lancio green è poi quello di Haikure, il brand proposto nel 2011 dall’azienda manifatturiera Cs Jeans la cui vision, come si legge dal suo sito, è “rispetto per le persone e per il pianeta, proponendo un nuovo stile di vita, dove le ultime tendenze della moda e la sostenibilità possono coesistere, nella ricerca costante di un prodotto esclusivo e unico”. Un approccio, quello nei confronti della sostenibilità, fatto proprio anche dai grandi nomi del jeans, come Dondup, per il quale il denim, con un’incidenza sul giro d’affari di oltre il 50%, rappresenta il core business. “Abbiamo notato una crescita per quanto riguarda il denim, con riassortimenti molto positivi. Non solo, stiamo riscontrando anche una crescente attenzione per quanto riguarda la sostenibilità, sulla quale Dondup sta investendo molto”, ha spiegato il CEO Matteo Anchisi. “Abbiamo già lanciato sul mercato il progetto D/Zero e la risposta è stata molto positiva. Nello specifico, abbiamo avuto un ottimo riscontro sul nostro sito e anche i sell-out sono molto performanti, grazie anche all’utilizzo di diversi pop-up store”. Il progetto D/Zero, in partnership con Candiani Denim, ha visto la realizzazione di alcuni jeans tramite tessuti e lavaggi sostenibili che consentono un notevole risparmio in termini di acqua, prodotti chimici e di energia. Il denim, pertanto, ha ancora le sue carte da giocare, ma adesso con una marcia in più. La sostenibilità, infatti, rappresenta un elemento innovativo e strategico nel suo sviluppo, non solo in termini aziendali, grazie ai risparmi produttivi che comporta (a fronte, in molti casi, di un investimento iniziale), ma anche nel raggiungimento del consumatore, sempre più sensibile e sensibilizzato nei confronti di pratiche e prodotti green.